Manìnblù This grande nuit 2003 - Cantautoriale, Sperimentale, Folk

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Ci sono recensioni che non si vorrebbero mai scrivere. Perché il disco di turno trasuda di buone intenzioni, aspirazioni artistiche che si intuiscono intensamente volute, impegno profuso, anche economico. E i risultati appaiono, almeno al recensore, desolatamente deludenti. È il caso di questo “This grande nuit” di Manìnblù, alias Alberto Padovani da Parma. C’è tutto, nelle intenzioni. Ecco l’ammirazione per grandi cantautori come Fossati e Capossela (particolarmente evidente il loro influsso in “Centre of groove”) o l’americano Springsteen (“I’ll been workin’”). C’è un grosso investimento (auto)produttivo (11 i musicisti coinvolti). La confezione della copertina è elegante e dispendiosa. Che dire se poi la voce di Padovani risulta fastidiosamente inadeguata, se si sente la fatica nel tenere l’intonazione? Non si poteva spendere qualche liretta in lezioni di canto? Perfino Johnny Rotten (all’epoca dei Sex Pistols!!!) le ha prese: ci sarà un perché. E se poi il sound esibito nel disco ricorda nel migliore dei casi quello di Gino Paoli e Ornella Vanoni periodo della decadenza? Che senso ha un brano in napoletano (“Tempo ’nnato”) in bocca a un parmense? Che si direbbe se Pino Daniele cantasse in valdostano? Quale sarebbe l’effetto? Cosa dire se i brani appaiono interminabili e costruiti intorno a una breve (e banale) frase ripetitiva (“Segreto professionale”)? Non tutti sono i Kraftwerk, specie in ambito cantautorale. E i difetti non finiscono qui: ecco un compitino scolastico che scimmiotta De Gregori (“Cometa”), un finalone epic metal con voce alla Guccini (“This grande nuit”), una trascurabile simil outtake di Randy Newman à la “Cabaret” (il film). Insomma, non ce n’è: Padovani è sicuramente sincero, e umanamente dispiace stroncarlo. Ma qui si respira un’asfittica aria di colonna sonora di film di Francesco Nuti anni 80. I testi, quando vorrebbero essere autoironici, toccano solo l’involontario ridicolo, sconfinante nell’assurdo (“Un gamberone d’assalto son io con te”); e si vorrebbe chiedere cosa c’è di così triste e orribile nell’avere “il quotidiano in tasca”. In definitiva, tutta questa recensione potrebbe essere riassunta in un’unica parola: perché?

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La recensione This grande nuit di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-01-02 00:00:00

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