Post-CSI Breviario Partigiano 2015 - Cantautoriale, Rock, Alternativo

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Un disco bello, suggestivo, importante. Un grande ritorno.

Decisamente un ritorno importante, quello dei Post-CSI, che riprende le fila del discorso sonoro interrotto da qualche parte tra “Epica, Etica, Etnica, Pathos”, ultimo album dei CCCP (1990), e “Ko de Mondo” e “In quiete” dei CSI (entrambi 1994). Certo, le esperienze successive non si possono dimenticare e lasciano i loro segni, a partire dai due brani provenienti da “Linea gotica” del 1996 (la traccia omonima e “Cupe vampe”, qui però meno apocalittiche) e da quello ripescato da “La terra, la guerra, una questione privata” del 1998 (lo spettacolo in onore di Beppe Fenoglio, da cui è tratta “Guardali negli occhi”). Il passato più glorioso si salda, però, non alle avventure in tono minore dei PGR, ma a quelle di Massimo Zamboni in coppia con Angela Baraldi: “Vorremmo esserci” e “In rotta” vengono infatti dal loro “Un'infinita compressione precede lo scoppio” del 2013.
Com’è andata si sa: la reunion, un paio d’anno fa, con gli ex compagni, tranne il solito Giovanni Lindo Ferretti (ma il nome Post-CSI è opera sua; in più gira da un po’ riproponendo il vecchio repertorio, quindi non sono escluse sorprese). Quindi il crowdfunding, andato ben oltre le aspettative, per la realizzazione di questo progetto, “Breviario partigiano”, che, oltre a un disco, è un film, significativamente connesso a “L’eco di uno sparo”, il romanzo che Massimo Zamboni ha dedicato alla vicenda del nonno fascista ucciso dai partigiani il 29 febbraio 1944 e di cui l’ultima canzone, “Ventinove febbraio”, appunto, altro non è che sonorizzazione di uno spoken word.

È da qui che bisogna partire per capire che questo disco, che si apre, a introduzione della nuova “Un nemico”, con un’altra lettura, stavolta da “La casa in collina” di Cesare Pavese. Che contiene la chiave del lavoro: Ma ho visto i morti sconosciuti, i morti repubblichini. Sono questi che mi hanno svegliato. Se un ignoto, un nemico, diventa morendo una cosa simile, se ci si arresta e si ha paura a scavalcarlo, vuol dire che anche vinto il nemico è qualcuno, che dopo averne sparso il sangue bisogna placarlo, dare una voce a questo sangue, giustificare chi l'ha sparso. Cosa vuol dire il comunista Zamboni, nipote di nonno fascista? Che, anche se nel 1943-1945 la parte giusta era una sola, quella partigiana, una guerra è sempre cosa orrenda. Una guerra civile, ancor di più. Che a 70 anni di distanza bisogna ricomporre le ferite e le divisioni, sì, ma senza i giustificazionismi beceri che hanno alzato la loro voce nello scorso decennio: ma sul piano umano, quello della carne e del sangue di questa penisola. La famiglia di Zamboni diventa così simbolo della famiglia più grande che è l’Italia.
Ma, ovviamente, non sarebbe questa la sede di parlare di quest’opera se non ci fosse la musica: le radici del sound odierno dei Post-CSI le ho accennate sopra. C’è l’elettricità, ma le chitarre spesso vivono più di sustain e riverbero che di distorsione. È degna di nota “Guardali negli occhi”, che si dilata in un’improvvisazione psichedelica degna della West Coast acida del 1967, con i voli di tastiere di Magnelli che però rimandano al folk-jazz psichedelico dei Pentangle di “Jack Orion” e recano nascoste in sé la lezione lontana di Miles Davis. Si sente la mancanza di Ferretti, supplita con l’ottima Angela Baraldi e l’alternarsi alla voce degli altri Post-CSI, non sempre ottimo. Ma il disco è bello, suggestivo, importante. Un grande ritorno.

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La recensione Breviario Partigiano di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-06-04 09:00:00

COMMENTI (3)

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  • franzpettine73 9 anni fa Rispondi

    È che ormai c'ho in testa Giovanni...non me lo levo più.

  • re 9 anni fa Rispondi

    @franzpettine73 ragionissima: si capisce quale grande cantante sia...

  • franzpettine73 9 anni fa Rispondi

    Disco bellissimo...manca Giovanni per renderlo sublime.