Matmata s/t 2003 - Rock, Alternativo

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A me piacciono i Muse.

I Matmata sono ugualiugualiuguali ai Muse.

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L'esordio di questi ragazzi è maestoso e travolgente, ma è disarmante la loro somiglianza con la band di Matthew Bellamy. Se questo non vi turba e amate il trio inglese, avete di fronte un piccolo e imperdibile capolavoro, se invece aspirate ad ascoltare barlumi di originalità, statene assolutamente alla larga, onde evitare la sensazione di trovarvi di fronte ad un imbarazzante esperimento di imitazione. Non esistono vie di mezzo. Questi ragazzi bresciani hanno le idee chiare e non si nascondono. Gli ascolti non lasciano dubbi, c'e' da scegliere da quale parte schierarsi.

Dodici brani senza esitazioni per un lavoro senza pecche. Brillante e possente nella produzione. Internazionale nella scelta dei suoni. Barocco e variopinto negli arrangiamenti. Suonato da tre musicisti di grande spessore e dotati di gusto, intensità e abilità tecniche.

Un raffinato tessuto sonoro che si avvolge ad un magnifico canto lirico e melodrammatico, tra falsetti liquidi, sfoghi primordiali in gustose parodie di Thom Yorke e soffici evoluzioni buckleyane su laceranti allucinazioni post-grunge. Le composizioni scorrono compatte con un impianto armonico inattaccabile e talmente raffinato da lambire la sinfonia: dai violenti ruggiti chitarristici ai contrappunti ritmico-strumentali, dalle vibrazioni orchestrali alle frizioni acustiche.

Accattivanti e passionali, i Matmata talvolta badano troppo alla forma e si scordano il contenuto, ma conoscono alla perfezione il gioco tra urgenza e intimità, così da mantenere alta la tensione anche quando mancano gli argomenti. I testi sono lievi, in italiano, talvolta deboli e inconsistenti in stile Verdena, eppure impeccabili nel farsi spazio tra enfasi e metrica.

Questo è tutto.

Apparentemente la descrizione di un grande disco. Qualcuno lo amerà come un grande disco. Effettivamente c'e' tutto quel che serve per un grande disco. Probabilmente avrebbe potuto essere un grande disco, ma prima si dovrebbe tornare indietro nel tempo e impedire ai Muse di esistere. Altrimenti non ha senso.

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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-02-11 00:00:00

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