Lo-fi sucks! Music for the brain 1999 - Lo-Fi, Indie, Alternativo

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Prendete l'indie rock più artigianale degli anni '80, al di quà e al di là dell'oceano, seguitene le sorti lungo gli anni '90, mettetevi a trafficare intorno a strumentazioni analogiche rimediate in qualche soffitta. Probabilmente, all'inizio vi scambieranno per emuli di Pavement e Dinosaur Jr. - e se perseverate, presto qualcuno si accorgerà dell'errore. Ah, dimenticavo: date qualche spruzzata di reminescenze floydiane, non necessariamente sotto forma di note: si tratta di un'aroma, onirico per giunta, una dose eccessiva potrebbe rovinare la ricetta.

Se avete talento compositivo, il risultato si chiamerà "Music for the Brain", e voi siete i Lo-fi Sucks!. Ad alcuni mesi di distanza dall' ep "Pink Moon", dedicato a Nick Drake, Pierpaolo Rizzo e Fabio Buzzichini, aiutati da Marzio Narcisi alla batteria, licenziano 14 canzoni (a cui si aggiunge un corposo"ghost medley") che si fanno notare per l'uso particolarmente creativo di basso e chitarre. Soffermandoci sui singoli episodi, diremo che ce n'è per tutti i gusti, dall'apertura tribale-psichedelica del breve frammento intitolato "Gastronomy Domine" (si parlava appunto di aromi floydiani), al medley finale che contiene "Fearequals90": se non sono vittima di un'allucinazione da LSD, pare un frammento di "Grantchester Meadows" rielaborato dai Tortoise. Nel mezzo si alternano straordinari intagli di pop intimista irrobustiti da basso, batteria e chitarra ("P for Pain"), noise a braccetto con l'Hendrix più funky ("H-day"), ballate degne degli Smashing Pumpkins meno barocchi e più psichedelici ("Spring Makes Me Sick", "Variable J"), pulsazioni elettroniche pure ("Lo-fi Kraut", "Rats From Strasbourg") o inserite in contesti più tradizionali ("Short Pants And Romance"). Due brani, in particolare, ben esemplificano le due anime del progetto, quella più sperimentale e quella più immediata: "The "Sheep-That-Jumps" Song" si apre con una frase ripetuta di chitarra acustica a cui si sovrappongono, ad ondate progressive, gli altri strumenti e la voce, creando un effetto davvero suggestivo, mentre "Captain K.", omaggio alla serie televisiva "Spazio 1999", pop veloce e nervoso, rallenta con un intermezzo di vibrafono alla Stereolab, per poi ripartire sostenuto da un indiavolato organo farfisa. Disco solo apparentemente frammentario, "Music For The Brain" vive in realtà di un invidiabile equilibrio tra influenze esterne e talento creativo: visto che cantare in inglese non fa più gridare al tradimento, ora potrete lasciarvi ammaliare, senza provare sensi di colpa, dalle canzoni del duo genovese. Per contatti: pirizzo@split.it

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La recensione Music for the brain di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1999-01-05 00:00:00

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