Massimo Volume Club privè 1999 - Rock

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Se devo essere sincero non sono mai stato un grande ascoltatore del gruppo capitanato da Emidio Clementi. Pur tuttavia non nego che la proposta della formazione bolognese sia alquanto intrigante, forse per il fatto che fa della 'non convenzionalità' il suo punto di forza. "Club privé" segue quel solco già segnato da più di un lustro, ma amplia le prospettive, come già anticipato da tempo. Stavolta, poi, ha messo le mani anche Manuel Agnelli in veste di produttore artistico, riuscendo così a marchiare non poco questo lavoro.

Il disco si apre con Pondicherry, brano dalle atmosfere soffuse che vede come ospite la Donà ai cori; la successiva Seychelles '81 è uno degli episodi migliori, forse per il suo ritmo da cavalcata e le chitarre vestite di 'noise' tutte intente a rincorrersi mentre la voce di Emidio ripete fino alla noia "io non ho speranza, ho fede". Segue "Dopo che", bellissima canzone sull'amore di coppia, con un testo da fare invidia a poeti ben più celebrati.

Non scopro l'America se scrivo che il sound dei Massimo Volume tende alla perfezione quando le chitarre diventano il tappeto migliore per la voce e (soprattutto) le liriche di Emidio, questa volta tutt'altro che ermetiche. Poi, nel caso di Privè, brano dall'incedere assolutamente claustrofobico, il testo si compone di una sola frase: "io non ho speranza ma credo nella cura", quasi ad indicare l'importanza dell'essere essenziali.

Per il sottoscritto il quartetto - oltre ad Emidio troviamo il solito Egle Sommacal, Vittoria Burattini e Metello Orsini - indovina di certo il suo album migliore, pur se in giro non mancano vari detrattori impegnati a cercare i motivi per cui in pezzi come Avevi ragione il leader si trasforma in vocalist e perde la sua 'purezza' di semplice declamatore. Nella speranza che la scena rock italiana possa far tesoro di lavori del genere, ci auguriamo che i Massimo Volume possano trovare sempre più estimatori che apprezzino la loro arte.

Qui di seguito riportiamo i commenti ai testi redatti da Emidio Clementi e che trovate nel booklet interno dell'album.

1 Pondicherry
L'Ashram di Sri Aurobindo. La limousine di Sri Aurobindo, i suoi occhiali, le sue foto, il suo letto... Un pomeriggio passato dietro queste cazzate.Abbiamo dormito all'Hotel Swastika, nel quartiere popolare. La notte di Divali. I cani morti nelle pozzanghere illuminati dai fuochi d'artificio. "Non mi manchi, mi manca l'amore che ci siamo voluti". Tu l'hai detta così,io l'ho detta in questo modo.

2 Seychelles '81
"Avrei dovuto portare con me Richard Burton e Roger Moore, e avremmo avuto un lieto fine". L'ultima impresa del Comandante O'Hare: il golpe alle Seychelles. "Mad Mike", intrappolato nella torre di controllo dell'aeroporto di Mahe con tutti i suoi uomini ubriachi dirotta un aereo della Air India. Destinazione: Sudafrica.

3 Dopo che
Un titolo di merda. Una canzone che non dovrebbe avere titolo. Le pareti azzurre della camera degli ospiti di Metello. I risvegli. Il senso di freschezza che mi ha sempre dato svegliarmi accanto a lei. La sua grazia aristocratica.

4 Il giorno nasce stanco
Ho scritto questa frase attraversando il centro di Trivandrum in taxi. Un caldo insopportabile che il giorno trascina dentro la notte e la notte restituisce al giorno. L'apo-teosi dell'irredimibile.

5 Avevi ragione
Le leggi dell'amore. Della perdita dell'amore. L'astio lascia il posto alla tenerezza. Dio sia lodato.

6 Privé
Milano mi aveva stancato. Me ne ero già andato dallo studio. Avevo solo questa frase: "Io non ho speranza". Manuel, che è più pratico e positivo di me, ha trovato la chiusa: "Ma credo nella cura".

7 Ti sto cercando
Leonardo Mantovani. Il mio padre spirituale. La mia fonte. Io e lui: Rastignac e Vautrin. L'uomo che mi ha dato la consapevolezza dei miei mezzi. L'uomo che non muoverebbe un dito se mi vedesse agonizzante in mezzo a una strada.

8 Saint Jack
Il mondo in cui vorrei vivere: camicie hawaiane e pantaloni bianchi. Una lentezza contagiosa. Un sereno disincanto. Ho una copia del film su videocassetta. Lo rivedo ogni volta che comincio a prendermi troppo sul serio.

9 Il tuo corpo affamato
La tragedia del giorno che nasce quando nessuno ne ha bisogno.

10 Altri nomi
Ho recitato il testo in sala prove. Fa schifo. Ho la bocca impastata, mi mangio le parole. Dà un senso terribile di oppressione. È perfetto.

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La recensione Club privè di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1999-10-22 00:00:00

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