Giardini di Mirò Hits for broken Hearts and Asses 2004 - Psichedelia, Noise, Alternativo

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La cosa che dei Giardini di Mirò ho sempre amato di più è l’attitudine. C’è nel loro controverso modo di partorire musica una pura fierezza (anche un po’ snob) che oscilla fra l’internazionalismo spinto e il legame più stretto con la propria terra emiliana. La palese dimostrazione di ciò è il fatto che nel disco di cui mi accingo a parlare - “Hits for broken Hearts and Asses” - la lingua prescelta sia l’inglese, la dicitura reciti Please note: this is not italian prog-rock, ma all’interno sia contenuta una cartolina d’invito ad una mostra (“Quando i pali erano quadri. Ricordi di calcio” di Antonio Coscelli) del Comune di Cavriago, comune d’appartenenza del combo d’origine. Romanticismo trasversale, insomma, che travalica i confini e si esprime con la poesia del quotidiano, con le piccole cose di provincia, familiari.

E – non a caso – familiare è proprio la lettera che Corrado, chitarrista della band, ha voluto allegare al disco al posto delle note stampa. Quasi a voler fare il punto della situazione, Corrado denuda il disco, e lo spiega in ogni suo aspetto. Ci dice che contiene buona parte del materiale pre "Rise And Fall", ci racconta del loro concerto a Torino organizzato dai Perturbazione… e c’è un punto in cui cita indirettamente ROCKIT, fra quelle “radio e fanzine che avrebbero dedicato spazio” alla band. Chissà se non sarebbe giusto che, proprio oggi, tutti quelli che trovarono spazio su quelle radio e fanzine non cercassero in qualche maniera di restituire il favore… ma questo è un altro discorso, dunque ne parliamo fuori. Dentro, invece, chiacchieriamo di questo disco.

Sostanzialmente atipico (non contiene nuove canzoni, in Italia – al contrario dell’Europa - non verrà venduto nei negozi, e a me personalmente è stato spedito da Corrado, e non dall’etichetta), “Hits…” raccoglie i singoli e gli EP editi precedentemente al bellissimo “Rise and Fall of Academic Drifting”, album che ha in qualche maniera consegnato alle soffuse luci della indie-ribalta gli allora cinque cavriaghesi.

Trasuda di post-rock, di strutture circolari, di arpeggi che crescono ed esplodono. Trasuda gli embrioni di quelle canzoni che in seguito mi fecero innamorare della band. È dolce infatti ascoltare la bellissima “Dancemania”, o “Tom (ahawk) Cruise”, e fa un poco storcere il naso sentire cose che all’orecchio d’oggi mostrano ancor più la loro deferenza nei confronti di certi gruppi che tutti conosciamo. Ma sinceramente non m’importa se questi arpeggi erano o non erano Mogwai o Godspeed You Black Emperor! o Unwound o bla bla bla (talvolta proprio lo sono, come ho detto, senza se e senza ma): io so solo che quando sento certi crescendi o quando sento melodie di estatica purezza mi emoziono.

Questione di cuore? Sì. Ma anche di culi rotti.

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La recensione Hits for broken Hearts and Asses di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-06-24 00:00:00

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