Roof Sottoeffetto 2004 - Reggae, Elettronica

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La predisposizione genetica mi costringe a ripudiare spontaneamente tutti quei dischi costruiti esclusivamente su tre accordi in levare, per questo riuscire a mantenere integra l'attenzione con il reggae è per me sempre impresa ardua. Il gesso sulla lavagna ha effetti benefici in confronto e si può senz'altro dire che sono umanamente refrattario al genere. Poche e rare le eccezioni, tutte costituite da mutazioni sonore che attraversano il reggae da parte a parte, stracciandolo in brandelli multiformi. I Roof sembrano in grado di farlo e il primo ascolto in questi casi non tradisce. La risultante dello sforzo creativo dei musicisti romani si concretizza in un disco assai capiente, in cui convivono anime diverse, capaci di attenersi alla tradizione giamaicana, rovesciandola in una visione proiettata verso un futuro prossimo. Undici brani che colpiscono anzitutto per l'alto livello della produzione, variopinta ma compatta. A confermarlo, il fatto che qua e là compaia il nome On-U Sound nonchè quello del suo fondatore, il prestigiatore Adrian Shwerwood, colui che ha quasi inventato il dub moderno, rinchiudendolo in nuove forme estetiche.

Il tessuto sonoro del disco rallenta e riparte, alternando cantilene orecchiabili a ritmiche sincopate, mediante un sottile gioco di chitarre e bassi subsonici, lievemente psichedelici. Le cadenze ballabili sfociano addirittura nella pura disco music, come in "Discoroof", fin quando l'inaspettato plettro di Scott Henderson ricama un'apertura hawaiian blues in "Sento Freddo (Roma 1958)", brano ispirato al romanzo "Una vita violenta" di Pier Paolo Pasolini.

I Roof talvolta osano sfidare il rock con risultati mediocri ("Ogni giorno") e il rocksteady ("Vedrai") con migliore fortuna, ma sono i toni acquatici ed eleganti quelli che maggiormente si addicono loro, anche quando quel coriaceo rastaman di Ghetto Priest prova a impossessarsi della scena imprimendo un taglio old school col suo reggae caraibico, senza però riuscire ad annullare gli effetti di un dub che sa anche tingersi di pop e musica modulare, affrancando i Roof da certe affinità con gli Africa Unite.

Un album interessante, capace di distendersi contemporaneamente su spiagge caraibiche, lidi mediterranei e scogliere d'oltremanica. Forse non tutto è sempre all'altezza, ma resta un disco di spessore, potenzialmente capace di andarsene in giro a ritagliarsi spazi nei club europei. Decisamente da provare per chi apprezza il genere in questione.

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La recensione Sottoeffetto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-07-07 00:00:00

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