Bron y Aur Quien sabe? 2004 - Strumentale, Sperimentale, Rock

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Certe voci di corridoio ne annunciavano un imminente scioglimento: loro non smentivano, ne’ confermavano. D’altronde avevano all’attivo due album pregevoli e numerosi concerti lungo la penisola, avevano avuto l’apporto di stimati e validissimi collaboratori. Se si pensa poi che nel rock-italiano è buona creanza accontentarsi di poco, le carte sulla tavola dei Bron y aur erano pronte per una concorde e felice archiviazione. Poco male, in pochi a storcere il naso. Ma è tutto un depistaggio. Senza l’ombra d’ansia da terzo disco, senza pressioni di sorta e forse senza mai aver pensato lontanamente allo scioglimento, la band più affiatata di casa nostra torna a giocare le proprie carte migliori, e lo fa tanto bene da confezionare il suo lavoro più maturo, sia musicalmente che (Su tutto) concettualmente.

Per prima cosa occorre dire che “Quien sabe?” dei Bron y aur è lontano da un disco rock almeno quanto la pellicola di Mariano Mariani, a suo tempo, lo era stata da un tortillia-spaghetti western. Tutte e due le opere non mancano certo nel loro obbiettivo primario, eppure traslano il proprio punto focale su questioni sociali e di dissenso politico. Nel caso dei bron y aur , la concretizzazione di un “messaggio” che non abbia solo i tratti di un frutto dadaista, è cosa nuova. La copertina (una folla sterminata e proletaria) si riaggancia allo spirito rivoltoso di fine anni sessanta citato dal titolo. E non è un caso neanche che “Quien sabe?” si apra all’ascolto con un’ atmosfera che è tutta un riferimento (se non una vera rivisitazione) a revolution # 9.

L’idea di ribellione, di rivoluzione appunto, è uno spirito che aleggia in tutto il disco ed affiora da più episodi: Specialmente in “the poetry reading”, unico momento dedicato alle parole, dove è la voce sbiascicata di Charles Bukowski a decantare: “…My god they must think I love this like the others / but it’s for bread and beer and rent / blood money / I’m tense lousy feel bad..”
Per quanto riguarda il materiale sonoro, “Quien sabe?” non smentisce i trascorsi dei quattro Bron y aur, che continuano nel loro percorso di contaminazione jazz e decostruzione rock, dove i Beatles contano quanto i CAN e si percepisce la psichedelìa dei Soft Machine. Questo disco dimostra quanto sia andato affinandosi un personalissimo approccio compositivo, votato alla selezione di sequenze improvvisative, in cui la strutturazione delle tracce avviene sempre più con meticolosa lucidità e senso del contesto. Difatti ogni suono, ogni percussione, ogni nota che emerge da ogni fade-out sembra essere nata e cresciuta nel punto in cui si trova. Merito del mixaggio di Xabier Iriondo e Paolo Cantù, che devono aver trattato ogni pista con entusiasmo smisurato.

L’impianto fonico di “Quien sabe?”, fatto di loop instancabili, batterismi fenomenali e grevi sinergie chitarristiche, come nel disco precedente lascia spazio a inserimenti più classici di trombe e sax, collocandoli meglio che in passato. Anche l’elemento digitale viene avvicinato a corta distanza. E poi ronzii di zanzare, l’eco di una partita a tennis, il caos, la nebbia, le auto che sfrecciano e molte altre fragranze della contemporaneità urbana sono contenute nell’ ultimo lavoro dei B.Y.A. che sarà senz’altro un disco di free-rock senza pretese avanguardiste, ma si presenta come un progetto completo e ragionato sui contenuti, ricco di rimandi e indizi che tradiscono un fondale profondo di questioni reali.

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La recensione Quien sabe? di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-07-21 00:00:00

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