The Chicken queensBuzz2016 - Rock'n'roll, Indie, Blues

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Il secondo album del duo modenese, con il loro garage blues dalle radici profonde ma dal sound freschissimo e moderno

La Chicago del blues elettrificato, la follia disperata di Screamin' Jay Hawkins, la coolness e le anfetamine dei sixties di Pretty Things e Kinks, la potenza degli Zeppelin, la lezione dissacratoria di MC5e Cramps, fino alla Seattle della prima metà degli anni ‘90 ed al garage contemporaneo dei White Stripes.
Questo il solco musicale nel quale si inserisce, cercando una sua strada, il giovanissimo duo modenese, chitarra-voce e batteria, reinterpretando le dodici battute e lo stomping del blues quel tanto che basta per non risultare emulo di nessuno in particolare dei succitati artisti o scene musicali.
“Buzz” è un album primitivo, scarno, percussivo ed a tratti anche violento, senza mai, però, trascendere nel lo-fi o nel fuzz assordante di certo garage rock di matrice revival. “Buzz” ha un’anima teenage ed un gusto pop, che schioda –se mai ce ne dovesse essere bisogno- la concezione del blues come musica datata, per nostalgici o retromaniaci. “Buzz” è un lavoro compatto e conciso, nel quale tutti i brani si assestano su un buon livello, sia negli episodi più tirati (“Sweet Cold Bones”, “Queen Bee” ed il singolone “Clap Your Hands”), sia nel sound Stones-iano (“Holiday Blues” su tutte), sia quando il ritmo rallenta e si fa più cupo (“When The Sun Goes Down”) o roots (“Rollin’ and Tumblin’” e “Cherry Bomb”, entrambe con un titolo-citazione), segnando un deciso passo in avanti rispetto al songwriting stereotipato o troppo ligio al modello Jon Spencer degli esordi. Ma è evidente che il cammino creativo dei Chicken Queens è tutt’altro che concluso: Capirossi e Sernesi sono affiatati e pullulano di idee, e si sente, e questo conferisce all'intero disco una fluidità ed una identità –seppur, come detto, in chiara evoluzione- figlia delle briglie sciolte con il quale i pezzi sono stati scritti.
Al cospetto di dischi del genere, e soprattutto dell'entusiasmo col quale sono suonati, non possiamo fare altro che tirare un sospiro di sollievo, perchè la musica del Diavolo, per fortuna, ha un futuro e -quello che più ci interessa- un presente nel tump-tump ossessivo della batteria e nelle mani inquiete che percuotono le corde della chitarra: riti voodoo metropolitani.

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La recensione Buzz di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-02-16 09:56:00

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