Francesca Sortino Kiss me 2004 - Jazz

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Francesca Sortino è notevole cantante jazz romana, di cui è più nota la voce che il nome, per aver prestato le sue corde vocali ai Gabin nel megahit del 2002 “Doo uap, doo uap, doo uap”. Ora pubblica in proprio un cd abbastanza controverso, con evidenti lati positivi e altrettanti negativi.

Lati positivi. Innanzitutto l’idea di dare forma swing a una carrellata di classici della canzonetta italiana, traducendoli in inglese, con risultati talora inaspettati e decisamente convincenti, come nel caso di “Azzurro”, che diventa qui “Blue skies”. Altro punto a favore la bravura eccezionale della stessa Sortino, del fido arrangiatore e pianista Renato Chicco e della band tutta, che si concreta in un cd decisamente rilassante e piacevole all’ascolto. Tanto da sembrare immerso in una zona sospesa del tempo: il disco potrebbe essere uscito oggi come quaranta o sessanta anni fa.

Lati negativi. Innanzitutto proprio questo essere atemporale, qualità che spesso i jazzofili scambiano con una malintesa “classicità”: chi tra i rockettari scambierebbe una band odierna di rock’n’roll anni 50 per una band “classica”? Semmai verrebbe considerata un gruppo di simpatici fissati fuori dal tempo. E qui si tocca un punto dolente. Perché proprio questo atteggiamento ha contribuito non poco a sclerotizzare un genere, il jazz, che sembrava avere proprio nel suo dna gli elementi per evitare imbalsamazione ed esposizione al museo delle mummie. Certo Sortino & company si saranno divertiti molto – e hanno fatto bene: questa è la componente primaria per fare musica -, ma è anche vero che non tutti gli arrangiamenti sono così riusciti. “L’ultima occasione” continua a farsi preferire nell’originale di Mina, e l’intensità emotiva raggiunta dagli ultimi “coverizzatori” Northpole e Non voglio che Clara fa sfigurare la classica compostezza del combo romano. Inoltre la cover di “Gloria” di Umberto Tozzi (autore che andrebbe rivalutato) pare proprio tirata per i capelli.

Qui si scopre il gioco dell’operazione discografica: offrire a un pubblico di cinquanta-sessantenni che col tempo si sono avvicinati al jazz la versione swing delle canzoni della loro infanzia, adolescenza e giovinezza. Un’operazione che rincorre il filone aperto dall’emigrato trevigiano Michael Bublé (non capirò mai perché comprare i dischi di uno che copia in tutto e per tutto quello che fece nei 50 – e molto meglio - Mel Tormé, i cui dischi sono reperibilissimi sul mercato), Amalia Gré e ancor prima Norah Jones (contrabbandata come jazz, e in realtà country-pop: ma tant’è, ha aperto un varco). Ok, così si vende e si fornisce un prodotto piacevole. Ma sia chiaro, sterile: questa è la morte del jazz. Chi se oggi vive ancora, lo fa perché resuscitato da gente come Jazzanova, Nicola Conte e Koop.

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La recensione Kiss me di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-09-10 00:00:00

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