Qualche volta ci si dimentica di alcune cose molto semplici. Per esempio, che tolti tutti gli intellettualismi e le discussioni e i discorsi sui massimi sistemi estetici, il motivo fondamentale per cui si ascolta e si fa la musica, tutta la musica, è sostanzialmente quello di sentirsi bene: stare meglio quando si sta male, stare ancora meglio quando si sta già bene. E poi per non sentirsi soli, anche quando si fa da soli. Di tanto in tanto, a ricordarcene, ci pensano quelli della Banda Rulli Frulli, coi loro lavori che immancabilmente trasudano gioia di fare musica e stare insieme. E sempre con il loro di più, quello che li caratterizza e li eleva a qualcosa di diverso dal concetto di “banda di non professionisti che suonano con strumenti di recupero e si divertono”: la qualità. Anche al netto degli ospiti illustri (Luca Mai, Stefano Pilia, Bob Corn, Tre allegri ragazzi morti), che comunque arricchiscono non poco l'offerta, ciò che colpisce ogni volta ascoltando questi ragazzi è la facilità con cui non pensi più all'”operazione”, al “progetto”, e ti godi la buona musica di questi “cinquanta urlanti”, coinvolgente, animata dal mito del viaggio e dell'esplorazione, mossa da ritmi tribali e funky, dai battiti afro e afroamericani di “Assalto tribale” e “Wilson”, ma anche da atmosfere più “bianche”, oscure e nordiche come in “Linea d'ombra” oppure più solari e pop come in “Shake around the fool”.
In sintesi, quando parti coi Rulli Frulli succede questo: ti ricordi come fa stare bene la musica, ti dimentichi che sono “solo” ragazzi che suonano i coperchi le pentole, e pensi che tutte le bande fanno musica, poche fanno vera musica, tutte dovrebbero farla come loro.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.