Supersonic Heroes Matryoshka 2016 - Indie, Pop rock

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Un disco buono ma molto derivativo, in cui si possono riconoscere le influenza una a una, e che andrebbe curato ulteriormente a livello di produzione

Se passa in fretta, vuol dire che non annoia. Un adagio, quest'ultimo, che "Matryoshka", l'album di debutto dei Supersonic Heroes, conferma ancora una volta.
In bilico tra A Toys Orchestra, Strokes, Arctic Monkeys (anche se loro ci tengono a precisare che non sono quelli lì) e pop britannico, "Matryoshka" è un cofanetto vagamente vintage con dodici confettini dentro, nessuno dei quali supera i tre minuti e mezzo di durata.

La musica della band di Agropoli, che con "Technicolor Dreams" fece il grande balzo nella scena indipendente italiana, emerge continuamente tra le sonorità dei quattro "eroi" siciliani. Più chitarristici gli isolani, forse, e più melodici i campani, ma quando si ascoltano canzoni come "Isabella" - un gioco in cui la batteria si diverte in levare, mentre chitarra e basso si muovono tracciando la stessa linea melodica- lo scarto tra le due band è minimo.

La voce di Casablancas si materializza in "Bratislava", che potrebbe essere la colonna sonora perfetta per una scena di addio all'interno di una commedia sentimentale. Le sfumature pastello della malinconia colorano più volte i bozzetti di "Matryoshka" e lo fanno anche nella canzone migliore dell'album (insieme a "Space Queen"): "Cup Of Sand", un carillon britpop che con uno sviluppo migliore sarebbe potuto essere un piccolo gioiello, ma che, purtroppo, gira un po' troppo su se stessa, senza salire mai di tono. In un universo parallelo, dopo circa due minuti e mezzo, un coro sta sorreggendo l'impalcatura del brano e sta dando la spinta finale verso una catarsi melodica che farebbe sciogliere tre quarti della popolazione femminile italiana.

Il rovescio della medaglia, dunque, è che se una cosa passa in fretta, c'è anche il rischio che passi e basta, senza lasciare nulla, senza un vero motivo per essere ricordata. In definitiva, è proprio questo il problema di "Matryoshka". Anche la produzione, in verità, lascia non poco perplessi: il suono è talmente ovattato e pregno di bassi da soffocare tutto il resto, un po' come se si togliesse l'ossigeno da una stanza, facendo morire del tutto anche quell'unica flebile fiammela.

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La recensione Matryoshka di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-09-20 00:00:00

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