Tilth s/t 2004 - Rock'n'roll, New-Wave

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I primi 20 secondi ti incoraggiano a pensare che forse dietro a quelle sonorità introduttive tipo Cure possa nascondersi qualcosa di interessante. Purtroppo non è così. Non perché "Supernova" sia cattiva ma perché alla fine non ci sono novità da segnalare dal punto di vista sonoro. Al ventunesimo secondo i Cure si dissolveranno nel nulla e il loro posto viene occupato da un rock alla Rolling Stones (vagamente) e in alcuni stacchi folgorato da Lenny Kravitz. A volte brit pop, a volte rock’n’roll, a volte semplicemente pop.

Pezzi orecchiabili, che restano facilmente impressi, e che immagino possano avere un futuro “commerciale”, circolare magari come hit per le radio mainstream (come "Beautiful", "Tu 6"). Niente di male se non fosse che in un disco quello che subito mi colpisce è la ricercatezza e spregiudicatezza dei suoni, l’originalità se vogliamo (anche se non è sempre così). Ma qui, nell’esordio firmato Tilth, di straordinario c’è poco o niente.

Il pop-rock può oggi esprimersi in svariate forme e non necessariamente scadere nella monotonia. Il disco complessivamente non ha un grande appeal. E’ un pop-rock melodico che non decolla. Seppur energico non proferisce. O comunque lo fa solo in alcuni momenti per poi precipitare giù. Tocca il fondo per esempio con i coretti troppo invadenti che suggerirei di eliminare.

Il gruppo emiliano che sfiora le note dei Negrita sembra sempre sul punto di dire qualcosa ma alla fine non ci riesce, rimane inconcludente. Ma non sempre è chiaro, perché la grinta e la professionalità sembrano non mancare, e alcuni pezzi fanno sperare in una crescita e maturità di suoni più articolati e discostanti da melodie già battute e ribattute. Quindi perché non osare di più? Il cantato suona meglio in inglese. L’impatto sonoro c’è ma latita la creatività, la voglia di dire qualcosa di diverso o anche le stesse cose degli altri con un proprio stile. Punterei su canzoni come "Yellow Sunshine" e darei spazio ai suoni più sporchi ma anche a melodie pop infarcite di fantasia. Pollice giù a "John Travolta", "Rock’n’roll band", "Drunky Punky", "Off". Sarà anche colpa di pezzi a volte esageratamente scanzonati e frivoli. In fondo al cd un remix (house?) di "Paranoid" dei Black Sabbath. Cover audace ma sterile.

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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-11-07 00:00:00

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