Parranda Groove Factory Nothing But The Rhythm 2016 - Indie, Elettronica, Ritmi

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Ci sono dei buoni spunti, ma il tutto andrebbe asciugato un po'

I Parranda Groove Factory mi sono stati subito simpatici a partire dal nome, dal titolo del singolo “Menomalenonsononormale”, e dall'obiettivo, difficilissimo, che si sono prefissati: unire, con senso e logica, percussioni brasiliane e elettronica, reggae e folk.

Il risultato è questo primo album è "Nothing but the Rhythm". Nient'altro che ritmo e uno in particolare la fa da padrone ovvero le percussioni brasiliane, fil rouge di tutto il progetto, che però ogni tanto si perde nei meadri di moltissime altre altre sonorità. Infatti nonostante l'impegno, tra pezzi originali e reprise, l'esperimento dei dieci Parrada è molto altalenante, con brani centrati e davvero belli e altri che sono un pot-pourri di suoni non sempre coerenti.

Partirei da quest'ultimi che sono i pezzi centrali dell'album, tra cui "Mi Vida" di Manu Chao e "It's a Man World" di James Brown. Entrambi non rendono giustizia all'originale, a causa di arrangiamenti poco sensati. "Synthcretism" e "Nothing but the Rhythm", i pezzi più lounge di tutti, finiscono per essere i tasselli sbagliati del puzzle, e "Lu bene mio", l’ultimo brano composto dalla band e tributo a Matteo Salvatore poeta e cantante del Gargano, stona perché fin troppo folk e nonostante sia un brano molto bello, risulta fuori contesto rispetto al resto dell'album, così come "Sacerdoti dell'umanità" e il suo testo rappato. 

Ma allora dov'è la forza di questo disco? Nei pezzi che rispecchiano a pieno il progetto originario brasile+dub+reggae+elettronica. Lì sì che i Parrada spaccano e ci regalano dei brani davvero molto molto interessanti. Come quello che apre il disco "Light curve waves to sound", dal nome della tecnica utilizzata per tradurre le frequenze luminose delle stelle in frequenze sonore udibili dall’uomo. "Agua de beber", dall'originale di Antonio Carlos Jobim, è in assoluto la mia preferita del disco perché è esattamente quello che secondo me dovrebbe rappresentare il sound che nasce mischiando il ritmo caldo del Brasile e della samba con i ritmi freddi della musica electro/lounge occidentale. Molto belle in questo senso anche "Stoned Circus", "Avenida do Olodum", "Los Parranderos" e il singolo "Menomalenonsonormale".

Se "Nothing but Rhythm" fosse composto da questi sei brani vi direi che è un album bello, particolare, prodotto da un orchestra che ha centrato l'obiettivo. Ma ahimè per quanto vi ho scritto prima non riesco a sbilanciarmi del tutto verso la buona riuscita del disco. L'idea di voler creare un disco che risulti multietnico non è certo una novità, riuscire a realizzarlo è molto difficile. Il voler aggiungere, al connubio base di samba/elettronica, anche il rap, il folk e pezzi originali che non fanno parte né di uno né dell'altro mondo, hanno portato i Parrada fuori tema. 

Sono però convinta di due cose: la prima è che live sono una bomba e la seconda è che se i Parrada Groove Factory cercano di asciugarsi un po' potrebbero arrivare a produrre dischi particolari, nuovi, interessanti e belli.  

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La recensione Nothing But The Rhythm di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2016-11-10 00:00:00

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