L’unico modo per ascoltare seriamente il terzo album dei Pipers, il duo napoletano ma basato a Milano composto da Stefano & Stefano, è quello di passeggiare tra le foglie gialle e rosse degli immensi alberi del Central Park in una giornata grigia ma luminosa, di quelle in cui il vento leggermente freddo ti fa rannicchiare dentro il cappotto e arrossare la punta del naso. Certo, New York non è proprio dietro l’angolo e allora si può ovviare passeggiando nel parco della propria città e raggiungere le sponde americane solo grazie alle dieci tracce contenute in “Alternaïf”, un disco prodotto e mixato dai due musicisti partenopei e con il quale si allontanano, almeno in parte, dal rassicurante terreno del britpop inglese per “scollinare” la Manica e spingersi appunto verso sonorità più vicine al cantautorato americano come quello di e Sufjan Stevens Bon Iver.
L’album si muove leggero tra trame sonore pop-folk ricamate da arpeggi di chitarra acustica con cui si impasta l’inconfondibile suono del mandolino e dell’armonica che, insieme al pianoforte e gli archi, plasmano le melodie melanconiche e naïf dei brani, come “Empty-Handed” o “My Whole Lifetime”.
A dare smalto quanto basta all’amato folk, piccoli e ben calibrati interventi di elettronica che conferiscono una certa potenza alle canzoni e quel giusto tocco sognante che ci fa vedere il sole oltre le nuvole. Un album genuino, artigianale, intimista e che arriva con una buona immediatezza alle orecchie di chi lo ascolta, ma perde un po’ di incisività sulle linee melodiche rischiando a volte di affogare nel mare del “già sentito”.
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