Eccoli qui, gli ennesimi figli mancati della middle class americana di inizio secolo. Nessun indizio, nel loro sound, a svelarne la nazionalità effettiva. Perché i Love is the Answer sono italiani, anche se sembrano appena usciti dal garage di una villetta monofamiliare d’oltreoceano. E’ una scelta oggi piuttosto diffusa, sicuramente discutibile, quella di aderire a canoni stilistici in voga altrove, dimenticando completamente le proprie radici culturali per poter godere dei privilegi concessi a pochi tra i tanti che accettano i compromessi dell’industria discografica di massa. Scelta con solide basi pragmatiche, saldamente aggrappate ad un calcolo del tipo costi-benefici, che presuppongono però una subdola impalcatura ideologica, perché una concezione della musica in termini di bene di consumo è già un giuramento di fedeltà incondizionata alle fluttuanti regole del mercato globale.
Desidero fortemente illudermi che per loro non sia così, che Love is the answer sia la sintesi incompiuta di esperienze inseguite e vissute con passione e consapevolezza da individui orgogliosamente liberi di essere se stessi, e non da aspiranti cloni di falsi idoli o cuori meccanici. O forse no. Dubito. Cerco il senso dietro al nome e trovo solo un contenitore vuoto. Neanche un lieve sussulto, uno scombussolamento passeggero, un fugace sentimento popolare. Niente di niente, tabula rasa, buco nero. Oggi ho imparato che, se ti impegni, puoi sommare Foo Fighters, crepuscolarismo New Wawe, Juno e Trial of Dead e ottenere uno zero assoluto. Roba da maghi, altro che Las Vegas. Ma al mago auguro che lo spettatore non riconosca il trucco.
Provi a riascoltarlo n volte, questo Love at first sight, ma il risultato non cambia. Non bastano una voce intensa e ben modulata ed una buona sezione ritmica, per fare musica che duri nel tempo. Se proprio non volete metterci idee (le vostre) ed emozioni, cercate almeno di divertirvi e divertire quel vasto pubblico che non chiede altro (e non è poco). Vorrei essere in grado di suggerirvi delle dritte. Potrei dirvi sottovoce che siete fuori contesto. Che non sarete mai eroi in patria. Che non troverete qui quello che vi sforzate di cercare. Non lo farò, perché spero di non sbagliarmi.. Perciò, tanto vale che siate ancora più coraggiosi ed arriviate fino in fondo. E allora arrivateci, con un biglietto di sola andata.
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La recensione Love at first sight di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2004-12-06 00:00:00
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