Sonicatomic Vibes Addiction 2016 - Sperimentale, Psichedelia, Noise

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Rumoristi del rock, avanguardisti della porta accanto, un po’ sognatori un po’ cosmonauti, novelli figli delle stelle e di qualche buon allucinogeno.

Lo scrupoloso ascolto in cuffia “Vibes addiction” dei Sonicatomic sembra riconsegnarci una di quelle innumerevoli band che si blindano il venerdì sera in sala prove in cerca di trance agonistica, allo scopo di lasciare tutto e tutti fuori dal proprio personalissimo iperuranio artificiale. Avete presente quella specie di corroborante egocentrismo che ti porta ad accendere gli amplificatori, a imbracciare gli strumenti e a suonare a occhi chiusi solo per te stesso sbattendotene bellamente il cazzo di chi sta lì ad ascoltarti? Ecco, più o meno siamo da quelle parti…
E, tutto sommato, considerata l’assenza di chitarre e sovraincisioni, il combo alessandrino se la cava pure piuttosto bene a isolarsi dal mondo esterno attraverso uno spiedino di divagazioni strumentali sature di psych-rock contaminato, a forte connotazione improvvisativa, certo, ma pur sempre normalizzato da quelle sue coordinate perimetrali che toccano la kosmische musik, il free-jazz, il noise e le turbolente colonne sonore dei noir anni ‘70. Provate a immaginarvi gli Ozric Tentacles vestiti da astronauti che fanno bisboccia con i Morphine sugli anelli più esterni di Saturno insieme ai Can e ai nostri Calibro 35 e Fuzz Orchestra.

Nonostante la troppa carne al fuoco, nonostante alcuni claudicanti cambi di registro e qualche dispersione dinamica (“Faith”), non mancano tuttavia taluni momenti di piacevole impatto grazie all’ottimo lavoro del basso distorto, che sa essere atmosferico e urticante al contempo (“Quasar”), a un groove ritmico che non perde aderenza persino nei frangenti più confusi (“Kragle”), a un funzionale citazionismo sparso qua e là (Il monologo sul “mito” tratto dallo Zeitgeist-Movie che innerva “Cranio”) e a un sax anarchico e fluttuante che squarcia provvidenzialmente le geometrie scalene del quadro generale (la title track,“Titania”).

Insomma, a suo modo, una simpatica compagnia di giovani rumoristi del rock - a metà strada tra il cazzeggio e l’accademia – avanguardisti della porta accanto, un po’ sognatori un po’ cosmonauti, novelli figli delle stelle e di qualche buon allucinogeno - in senso figurato ovviamente - come del resto le tossine jazz-krautiane di “Negroski Megahertz” stanno lì a ricordarci con il loro schizofrenico misticismo siderale.

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La recensione Vibes Addiction di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-03-03 00:00:00

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