Martin Basile All you can eat 2017 - Rap

All you can eat precedente precedente

Dal talkbox al rap in giacca e cravatta, Martin Basile è sicuramente qualcosa di molto molto originale.

"All you can eat" si apre con il brano che dà il titolo al progetto, brano che più di tutti si distacca dalla produzione a cui il rapper, regista, impostore ci aveva abituato. Un brano lucido, disilluso, sui problemi di un'intera generazione che di certo non trova le soluzioni in tasca: dalla vecchia generazione alla nuova, passando per politici e giornalisti, Martin fa un grosso rimpasto di cui fare un solo boccone. "All you can eat", proprio come l'abbuffata di aspirazioni che è possibile realizzare all'estero, come sembra suggerire il ritornello del brano.

Il soul che apparteneva ai due "Kalokagathia" è diventato un richiamo nelle strumentali autoprodotte dallo stesso Basile che sovente ritorna in brani come "Anacronista". Rimangono invece invariate i tratti tipici della penna di Basile: le citazioni che vanno da Pietro Bembo a film girati a Taiwan che esplorano il ruolo del sesso, come manifestazione esaurita e alienata e l'incomunicabilità che quella stessa alienazione ha effettivamente indotto.

A una scrittura tanta pindarica, a tratti leggerissima e a tratti severa e arrabbiata, si affiancano dei ritornelli estemporanei e una buonissima interpretazione.
Se proprio c'è qualcosa che fa storcere il naso, è la mancanza di affiatamento con Loris Mils e Gonzo: niente che non vada in questi ultimi, ma la stravaganza di Basile è così tanta da far stonare gli altri, quasi fossero fuori posto. A farla da padrone, insomma, è l'assoluta originalità di Martin Basile.

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La recensione All you can eat di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-03-15 00:00:00

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