Spartiti (Max Collini + Jukka Reverberi) Servizio d'ordine 2017 - Sperimentale

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Dopo "Austerità", immergersi di nuovo in un immaginario limpido e rifinito in ogni dettaglio.

“Perché solo lo stile ci salverà” (“Elena e i Nirvana”)

Tornare a parlare di Spartiti a meno di un anno dall’uscita del loro album d’esordio “Austerità”, significa immergersi di nuovo, piacevolmente, in un immaginario limpido, disegnato nel migliore dei modi, rifinito in ogni dettaglio. Un ritratto esemplare, dove micromondi si incrociano con il trascorrere universale del tempo, ché la Storia la fanno gli uomini e le donne ogni giorno, si sa, continuando a mettere un piede dopo l’altro nella direzione che sembra più giusta. E così “Servizio d’ordine” si affaccia sulla Storia, dagli anni '70 dell’omonimo brano, al 1944 di “Ida e Augusta”, fino al chiudersi degli anni '80 di “Elena e i Nirvana” e “Borghesia”, per raccontare quei passi, un piede dopo l’altro, con fiumi densi di parole che prorompono di stati d’animo intensi, sospesi tra tensione politica, ironia e commozione.

La sapida narrazione di Collini, capace come sempre di tenere altissima l’attenzione di chi ascolta, prende in prestito uno scritto di Marco Philopat su Andrea Bellini, capo del servizio d’ordine del movimento extraparlamentare milanese nei '70 (recentemente scomparso e omaggiato con questo pezzo), lasciando a Reverberi il compito di alimentare il crescendo emotivo del brano grazie a un uso dell’elettronica minimale, dal beat meccanico e dalla presa rapida; prende il racconto di due donne tedesche trasferitesi sull’Appennino emiliano (l’autore è Arturo Bertoldi, già complice dello spassoso testo di “Sendero Luminoso”), eroine del quotidiano, salvatrici del paese di Gombio coi loro passi semplici, accompagnati da chitarre morbide che sembrano davvero il sospiro di sollievo di una vita, mille vite, che prossime a spezzarsi riprendono fiato e tornano a brillare.

I due episodi di vita vissuta sono squarci di gioventù conditi con tutti gli elementi necessari per lasciarsi ascoltare, tra l’amore per le donne e la fede nel Partito, tra passione per la musica che diventa in qualche modo anch’essa una fede, e il senso di smarrimento in un periodo in cui l’ordine sembra svanire: il tappeto sonoro si fa serio e sinuoso in un caso, severo nei tratti e in certo modo consolatorio sul finale, mentre nell’altro diventa ideale accompagnamento di scene scollacciate d’erotismo d’antan, crollando miseramente quando il gioco d’equivoci si palesa al protagonista.

La chiusura è una versione dal vivo di “Qualcosa sulla vita” dei Massimo Volume, che lascia un sapore vagamente amaro, di incertezza e solitudine, trascinato da una coda strumentale distorta e piena di tutte le sfumature che un ricordo importante può possedere, e non resta che sottolineare quanto lo stile di questo progetto sia chiaro e meraviglioso, curato nei particolari, dall’artwork (affidato come nel precedente lavoro a Tommaso Belletti) alla scelta dei racconti, e nei racconti delle parole, e nelle parole l’intenzione di una voce che diventa il succo di una memoria collettiva; e poi i suoni, misurati e cesellati con sapienza intorno a ogni frase, che si espandono nelle pause e diventano essi stessi parte della storia. La storia di piccoli passi, che è un po’ ciò che vediamo quando giriamo lo sguardo all’indietro per trovare la spinta che ci faccia andare avanti.

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La recensione Servizio d'ordine di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-02-22 09:00:00

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