LoliMask Sweet Melancholy 2017 - Psichedelia, Post-Rock, Shoegaze

Sweet Melancholy precedente precedente

Un concept strumentale tra post-rock e psichedelia che andrebbe limato e definito in modo più asciutto.

Il progetto di Matteo Paolucci aka Loli Mask è un percorso che si muove tra post-rock e psichedelia, tra derive dreamy e chitarre imponenti, per un concept strumentale di cinque tracce che mette da parte atmosfere rarefatte a favore di concreti slanci sonori. Spesso barocco e ridondante, “Sweet Melancholy” è un ep che gioca sui virtuosismi e l’eccesso, costruendo panorami musicali spesso sovraccarichi dove l’emozione tende a perdersi. Se l’apertura di “Daydreaming” lascia sperare in un respiro leggero di luci soffuse dove il basso segna la strada, già con “Mainstream” siamo di fronte a qualcosa che andrebbe limato e definito in modo più asciutto.

Il pianoforte di “Disappear”, morbido e pieno di lievi nostalgie, è forse la nota più convincente di questo lavoro, perché essenziale nel suo obiettivo di coinvolgere l’ascoltatore fissando l’attenzione in un punto preciso, mentre “Deep Red” e “In/strumental” sono francamente fuori fuoco, una sembra girare intorno accordi new wave infarcendoli di effetti e beat senza arrivare al punto, l’altra è un movimento d’aria che parte bene ma si perde in una sezione ritmica assolutamente superflua.

“Sweet Melancholy” è un’opera acerba che risente di soluzioni non centrate, dove il desiderio di arricchire i brani finisce per renderli pesanti o spingerli nella direzione sbagliata. Il moi consiglio è fermarsi un attimo, alleggerire e ripartire verso traguardi più eterei e puliti.

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La recensione Sweet Melancholy di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2017-06-26 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • marco_guiducci92 7 anni fa Rispondi

    Io sono ben lontano dall'essere un esperto di musica, e non sono in grado di cogliere tutte le sonorità e le sfaccettature per le quali si può analizzare un'opera musicale a livello tecnico come giustamente è stato fatto dall'autore di questa recensione.

    Quello che inevitabilmente spesso viene meno quando si analizza la piccola opera di un ragazzo che fa musica solo per passione e come svago dal lavoro di tutti i giorni è la storia personale che egli intende esprimere con la sua musica, perché è impensabile conoscere la storia di ogni singola persona che abbia preso in mano uno strumento nella sua vita.
    Dato che ho la fortuna di conoscere personalmente l'autore, mi piacerebbe condividere con voi questa recensione "alternativa":

    Il disco si apre con "daydreaming", che con sonorità più leggere esprime quel sogno di gioventù dato dalla prima band messa su un po' per caso ai tempi della scuola. Col passare degli anni gli impegni della vita di tutti portano via spazio e tempo al progetto, e la realtà del mondo lo fa svegliare da questo sogno a occhi aperti. La mancata possibilità di sperimentare cose nuove porta il tutto ad essere "mainstream", e la malinconia dell'autore comincia a manifestarsi tramite suoni più cupi.

    Per alcuni anni egli abbandona quasi completamente la musica, ed è a questa fase che si ispira appunto il brano "disappear"; col tempo e con una stabilità a livello lavorativo l'autore ha modo di guardare nel profondo della sua anima ("deep red") e di sperimentare nuove tecniche.

    Questa passione ritrovata ci porta ad "In/strumental", dove i suoni che tornano più leggeri indicano che grazie a questo nuovo genere l'autore è riuscito a superare un periodo difficile. La chitarra nel finale è simbolo di tutta la passione per la musica che egli esprime, e della gioia che prova nel suonarla.

    In conclusione "sweet melancholy" è l'opera di un ragazzo come tanti che grazie alla passione per la musica ha voluto condividere, trasformandola in note, la storia della sua vita