Paolo Benvegnù
H3+ 2017 - Cantautoriale

H3+

"H3+" è l'episodio conclusivo della “Trilogia H” dedicata all’anima: un viaggio interstellare che porta Paolo Benvegnù a staccarsi dalla Terra per tuffarsi nel buio denso che riempie lo spazio profondo.

“H3”, lo ione triatomico di idrogeno, è la particella che riempie l’Universo. Il mattone che costruisce il vuoto tra una stella e l’altra. In altre parole il buio. Paolo Benvegnù torna con un disco ostico al primo ascolto, che si lascia scoprire lentamente e con fatica, ma che regala momenti onirici di puro lirismo.

“H3+” è l’episodio conclusivo della “Trilogia H” dedicata all’anima e cominciata nel 2011 con "Hermann", ma che forse più del precedente "Earth Hotel" riesce a parlare delle ombre e delle luci, del perdersi e del ritrovarsi. Un viaggio interstellare, che porta il cantautore milanese a staccarsi dalla Terra e da tutto ciò che di materiale c’è, per tuffarsi nel buio denso che riempie lo spazio profondo.

Così il countdown comincia con “Victor Neuer”, brano impenetrabile e monocorde, dove il brivido che precede la partenza è reso vividamente da un testo profondo e da sapienti synth, che avvolgono la testa e mettono nel giusto stato d’animo per affrontare le altre nove tracce. La Terra si allontana, e sembra quasi di riuscire a vederla farsi sempre più piccola dall’oblò dell’astronave durante “Goodbye Planet Earth”, dove basso e batteria fanno il loro ingresso prepotentemente e ritmano il viaggio.
Un viaggio senza rotta che approda alla meravigliosa “Olovisione in parte terza”, uno dei momenti più toccanti e introspettivi del disco, dove melodie e parole tessono una trama dorata che unisce le stelle in una costellazione del tutto nuova e straordinaria. Il corpo e l’anima galleggiano senza peso nel cosmo in “Se questo sono io”. Aperture melodiche da maestro d’armonia, quale Benvegnù è sempre stato fin dai tempi degli Scisma, fanno da contraltare a una quasi disperata ricerca di senso, dove l’Io è sublimazione, l’altro uno specchio che riflette l’infinito.

La ri-discesa sulla terra comincia con “Slow Parsec Slow”. È un “nuovo mondo” quello che Benvegnù vede stagliarsi all’orizzonte, ed è difficile non sciogliersi in un sorriso beato sentendo cantare che “tutto è luce, tutto si illumina”. Difficilmente si può dipingere con tocchi così precisi un’alba magnifica, senza utilizzare alcuna tela o pennello. “No Drink No Food” chiude il cerchio in maniera elegante e sincera. Gli archi ricompaiono a incorniciare un brano dall’andamento leggero, che tira le somme di tutto il viaggio. L’universo è sconfinato, ma non vuoto. Le parole e le note sono proprio come lo ione triatomico di idrogeno, il buio non è negazione, e la fine non è che un nuovo inizio.

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