One of These Days November 6th 1999 - Rock, Grunge

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Quando l'anima vibra al tempo di una foglia ingiallita dall'autunno. Con la stessa dolente e fragile caducità. Quando la pioggia che cade si va a mischiare alle lacrime. Con la stessa disperata e insensata necessità. Quando ti aspetti una cosa e poi quella arriva, però cambiata. Sfibrata dal tempo o dall'attesa. Inevitabilmente non all'altezza. E tu non puoi fare altro che accettarla e portartela in giro. E finisci per essere un po' più stanco di prima, un po' meno entusiasta della vita. Diventi un sorriso amaro. Una strada di periferia. Macchine parcheggiate lì da mille anni. Cose così insomma. Sensazioni miste di disperazione e livore. Cioè quel qualcosa che impregna l'intero lavoro degli One of these days.

Sono tornati i 4 aretini. Dopo aver impressionato con la maturità e l'intensità del loro primo demo. Sono tornati con questo cd dal titolo emblematico . 8 canzoni che vanno a scavare giù nella più sordida e malinconica tristezza. Ma lo fanno con rabbia, senza rassegnazione. Con la splendida e cieca fierezza degli sconfitti. Dei looser di sempre. Di ogni epoca. Le ispirazioni e i richiami spaziano dai Joy Division ai Pearl Jam, passando per Neil Young e primi U2. L'intera struttura sonora è più sommessa, raccolta quasi (per esplodere inaspettatamente in squarci di acide distorsioni). Un velo di polvere la ricopre. La rende piacevolmente decadente. Le chitarre sono meno ossessive che in passato (bellissima eccezione Denoiser), ritagliano riff dilatati e liquidi come pozzanghere limacciose che riflettono la luce dei lampioni di uno svincolo di periferia. Il suono ne perde in impatto frontale ma ne guadagna in atmosfera e poesia. La voce di Fabrizio è sempre da brivido. E' più controllata, meno disperata. Ecco. Il punto di svolta degli OTTD, almeno per questo lavoro, sta proprio in questa monotona, lenta, quasi ossessiva rifinitura e ricerca del giusto calibro. Il vecchio demo (di cui rimangono Dear Fellow e One of these days ) era più intenso (forse) proprio perché più genuino e grezzo. Ma questo cd ha dalla sua una produzione davvero accorta e sensibile. E' veramente rifinito ad arte. Tenetelo a portata di mano per quei giorni in cui il mondo è solo un sogno di un pazzo…

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La recensione November 6th di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 1999-09-16 00:00:00

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