Indigo Quest Cuddles & Troubles 2016 - Soul, Psichedelia, Pop

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Tra alti e bassi, brani più riusciti e altri meno, Indigo Quest firma un altro buon disco, il quarto della carriera

Lei era così abbagliante da sembrare l’unica in mezzo alla folla”: lo scriveva Gabriel Garcia Marquez.
Indigo Quest è un po’ così. Me l’immagino come un diamante purissimo e brillante. Non semplice da trovare, ma luminoso, incisivo e sfacciato.
Tutto questo che ho scritto poco sopra, e ancor di più, visto che il progetto è di un’unica persona che cura tutto e qualunque cosa: musica, arrangiamenti, produzione, comunicazione
Giunto ormai al quarto lavoro, Indigo Quest ha fatto dell’autoproduzione un vero e proprio modo di essere. Tutto l’album infatti, come sempre, è interamente scritto, arrangiato, suonato, prodotto, mixato e masterizzato da Denis Rossi.

Indie o Itpop, che dir si voglia, la scena musicale italiana è caratterizzata, ultimamente, da una varietà sempre crescente di declinazioni. Ciò che stupisce in Indigo Quest è la tenacia sia delle sue produzioni che dei suoi intenti. Rimanere freddi ascoltandolo è letteralmente impossibile, ancor di più quando ci si ritrova davanti a un autore, come lui, che fa della fedeltà a sé stesso un’inedita forma d’arte.
In situazioni di questo tipo, penserete voi, niente di più facile che ripetersi.
E invece Indigo Quest in questo nuovo “Cuddles & Troubles” scavalca o attraversa questi limiti e né fa uno dei suoi punti di forza.

Non appena le prime note di “Pull my trigger” scivolano nelle nostre orecchie la reazione è pressoché immediata: verrebbe da muoversi, non stare per nulla al mondo fermi e lanciarsi in un antico e sfrenato ballo rock. "(Follow me) down” e “Back to the bakery”, track quest’ultima totalmente strumentale, ci regalano cose che si potrebbe senza fatica averle già sentite da altre parti del globo-terracqueo, altre nazioni, altri tradizioni, altre abitudini, altre realtà.

“It is no wonder” non mi fa impazzire, forse, di tutto l’album, il tratto più banale e che sa di già sentito. Ma per fortuna che c’è una istantanea ripresa con “You stole my heart”, che ha in sé reminiscenze alla Bowie e Brian Molko dei Placebo. “It's all too much" e "Where Did All The Love Go?”, disposte a quel modo, in successione, lasciano intendere all’ascoltatore che si trova di fronte a un qualcosa di molto simile a un concept album o a un’opera rock, di quelle bellissime di un tempo.
Il tentativo apprezzabile di stacco da tutto il resto è prima misurato e poi concretizzato da brani come “Over & over (again)”. Anche quest’ultimo uno dei brani peggiori di tutto il disco, nonostante sia seguito a ruota da un pezzo da novanta come “Isn’t it Strange”, in cui s’intuisce la voglia di avvicinarsi alla non realtà purché sia semplice sino a che il miracolo torni a risplendere con “(It Was All) Just a Dream”, brano che avrebbe potuto essere parte della migliore tradizione alternativa internazionale senza sfigurare per un solo secondo.

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La recensione Cuddles & Troubles di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2018-01-18 00:00:00

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