Stefano Di Nucci Opera Postuma 2018 - Cantautoriale

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“Opera postuma” è un disco serio e ironico, impegnato, impegnativo da ascoltare eppure sempre piacevole. È come una poesia in cui scovare tutto ciò che non è scritto.

Che si può dire a un disco che ha come incipit “io odio la luna, io odio e detesto la luna” in un brano, “I poteri lunari”, che è un trionfo di dicotomie e opposti che giocano e s’intrecciano continuamente? È l’incomprensibile potere lunare che agisce sull’acqua del mare e sul corpo umano. E che si può dire a quello stesso brano che continua con “sviluppo un insensato odio coordinato da regole prossemiche”? Nulla, lo si può solo ascoltare.

Stefano Di Nucci, con la sua “Opera postuma”, che già dal titolo rivela un ironico contrasto con la realtà (perché lui è vivo e vegeto e questo è il suo primo lavoro), tira fuori un disco colto, impegnato, impegnativo da ascoltare e da capire, e nello stesso tempo piacevole, ironico e orecchiabile.
L’assiduo lavoro di ricerca è ancor più evidente nelle scelte lessicali, come in “La donna eburnea”, aggettivo letterario ed inconsueto, associato nel brano ad una donna – probabilmente reale – dall’ “incedere sognante” che conquista con un gesto o uno sguardo e poi mostra un insensato disinteresse: è confusione immotivata, incomprensibile ambiguità, ché l’atteggiamento femminile è tutto un complicatissimo rebus.
“I puntini sulle i” è forse la traccia più rappresentativa, ricorda lo stile di Dente ed è un gioco di immagini di puntini che cambiano direzione, quelli di sospensione che danno malinconia, quelli che dobbiamo sollevare per trovare nuove certezze che si conclude la poesia di “e infine ribaltiamo le i così che si crei l’esclamazione”. C’è spazio per l’amore incondizionato in “A tutela della mia felicità (l’amore comodo)”, che è il desiderio di esserti vicino a tutti i costi e non sentirsi ridicoli a dire “vetustà” in una canzone; c’è l’ironia di “Finalmente ho un piano”, la tristezza, l’insicurezza e la capacità di accontentarsi; c’è l’importanza della musica in “La prospettiva di un presuntuoso”. Ultima, ma non per importanza, è “48 parole”, un brano composto davvero da 48 parole, che è sintesi e poesia.

“Opera postuma”, insomma, è un disco colmo di citazioni, qualcuno potrebbe definirlo un po’ radical-chic, ma pieno di riferimenti da scoprire, d’ironia, di ricercatezze da ammirare. È come leggere una poesia e sorprendersi scovando tutto ciò che non è scritto.

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La recensione Opera Postuma di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-03-26 09:52:00

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