“Waiting for something to happen” è un disco suonato bene, introdotto da una malinconia incantevole e composto da melodie accattivanti e da sound graffiante. Ha un solo difetto: quando il metal prende troppo il sopravvento, si rischia di perdere un po’ il filo conduttore e anche un po’ l’identità del gruppo (che appare preponderante nei primi cinque pezzi). I Goldah mischiano pop, punk, rock, grunge, prendendo spunto dalle loro diverse esperienze e dalle molteplici influenze, e anche metal che a volte, appunto, diventa troppo invasivo come “In gold we trust” e “Ashamed” e sembra non c’entrare molto con il resto. Nella fase iniziale scaturisce un pop-rock, con scaglie di punk, molto english, piacevole ed efficace, costellato spesso da chitarroni di stampo metal, che qui ci stanno. “Sadness in my eyes”, “Hearts of gold”, “Lake of new light” sono i pezzi migliori del gruppo di Ravenna. Io suggerirei di non allontanarsi troppo da questa linea.
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