Elli de Mon Songs of Mercy and Desire 2018 - Folk, Blues, Garage

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Col blues di Elli de Mon si viaggia verso la riscoperta di se stessi. Un vero e proprio cammino interiore guidato da momenti di energia e di riflessione. Un disco ricco, complesso e sperimentale

Andiamo con calma. Prima di tutto è bene rammentare che Elli de Mon è italiana ma il blues vibra nelle sue corde vocali e in quelle della sua chitarra come se fosse la cosa più viscerale del mondo. È catartico ascoltare le sonorità di "Songs of Mercy and Desire", occhi chiusi e in un attimo sembra di stare attraversando le distese del Nevada in un viaggio verso la ricerca di se stessi. Forse è proprio questo che Elli de Mon voleva comunicare scrivendo questo disco: la ricerca di se stessi attraverso la riscoperta del passato e l'ascolto interiore. "Songs of Mercy and Desire" è un disco corposo, carico e ricco di contenuti. Undici pezzi elaborati che dipingono bene la creatività complessa di Elli de Mon. La onegirl band vicentina racconta che questo disco nasce in un momento fondamentale per lei, quello della gravidanza. Un vero e proprio ritorno alle origini: casa, luoghi dell'infanzia e sonorità acustiche primordiali.

L'album si apre con "Louise", brano dalla carica riottosa che ricorda vagamente una giovanissima Joan Jett. Slide guitar, voce distorta e rauca settano perfettamente questa commistione potente fra blues e punk. Stessa ricetta per "Let them out". Il viaggio sul nostro furgone è partito con i peggiori presupposti e non promette nulla di buono, ma in fondo nulla di buono stiamo cercando. I toni si distendono leggermente con "Riverside", una ballata che ci fa pensare a un cielo limpido con poche nuvole all'orizzonte. Il giro di chitarra romantico e accattivante incornicia un racconto doloroso fatto, però, con la leggerezza di chi ce l'ha fatta. "Elegy" è un sacro omaggio, splendidamente riuscito, alle poesie musicate di Patti Smith. Impossibile non riconoscere gli echi della sacerdotessa del rock in questo brano.

Complesso, ricco di sonorità, sperimentale. Il disco prosegue verso mete più orientali con il sitar di "Chambal River" e la cover del brano di musica popolare "Wade the Water". Ascoltando questi due pezzi uno di fila all’altro sembra di essere all’interno di un tipi in pieno rito sciamanico mentre si espiano tutte le colpe alla ricerca del nostro animale guida. Il disco di Elli de Mon è evocativo, stimola l’immaginazione. La sua voce, le sue chitarre e i ritmi blues sperimentali trasportano il corpo e la mente in dimensioni sconosciute ma nelle quali ci si sente a casa. "Grinnin’ in your face", "Storm" e "Grampa" sono tre pezzoni country rock accattivanti. Pronti per essere inseriti in una playlist on the road. Belli, divertenti, leggeri. L’album si chiude con "Tony", duetto con Phill Reynolds. Atmosfere tarantiniane alla "Django Unchained" evocate dalla Weissenborn (slide guitar amatissima dall’autrice) e dal sax magistralmente suonato da Matt Bordin.

In "Songs of Mercy and Desire" Elli de Mon esprime tutta la sua capacità creativa, il gusto per un blues cupo e mai banale. Questa ultima fatica dell’autrice vicentina riesce a essere complessa ma leggera. Non è certo un momento facile per un genere così “vecchia scuola” eppure Elli de Mon riesce a essere contemporanea e innovativa. 

 

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La recensione Songs of Mercy and Desire di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-02-14 09:00:00

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