Be Forest Knocturne 2019 - Shoegaze

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I Be Forest tornano alle origini di un dream pop alla Cocteau Twins come se fossero prodotti dal Robert Smith dei tempi di "Pornography", supervisionato da David Lynch.

Quando per la prima volta ho letto il titolo "Atto I" (uno dei pezzi strumentali dell'album), confesso di aver pensato "stai a vedere i Be Forest hanno atteso così tanto per passare all'italiano". No, niente scorciatoie, niente gomitate per far parte della compagnia degli indie convertiti al pop da classifica. I Be Forest rimangono duri e puri, benché duri non lo siano stati mai. "Knockturne", crasi tra knock e nocturne si capisce già dalla copertina, che mostra un sipario aperto da due mani bianche prive di corpo, che invitano ad entrare nell'oscurità. Dopo l'esordio "Cold" del 2011 e le vie etnico-tribali di "Earthbeat" del 2014, Costanza, Erika e Nicola tornano alle origini di un dream pop alla Cocteau Twins come se fossero prodotti dal Robert Smith dei tempi di "Pornography", supervisionato da David Lynch.

Il primo ascolto fluisce e trasporta in un vortice che ci proietta fuori dalla stanza o dal locale, per abbracciare le profondità più nere del nero, quelle dello spazio. La cavalcata centrale di " Gemini" perturba come solo un viaggio a tutta velocità nell'ignoto saprebbe fare. "K" ti fa assaggiare il peso della gravità mentre "Sigfrido" riporta tutto alla dimensione onirica e si muove sinuosa per cinque minuti di trance. "Bengala" è romantica e insieme sinistra, "Fragment" ci accompagna a ondate nere verso la fine, "You, Nothing", che sembra faccia passare un raggio di luce dal sipario scuro nel quale siamo stati avvolti per una trentina di minuti, che sembrano volati.

Il disco è organico, suona come una lunga suite e a un ascolto distratto, potreste non notare neanche la differenza tra un pezzo e un altro. Se dovessimo trovare un difetto a questo disco, sarebbe proprio quello di andare a riproporre una formula tanto bella quanto già sentita, senza quel salto di scrittura e di suoni che faceva di "Earthbeat" un'evoluzione, ma d'altra parte abbiamo capito bene che i Be Forest sono questo, un luogo a cui tornare per ascoltare una produzione (condivisa con Steve Scanu) che potrebbe far parte dell'enciclopedia dei suoni perduti, eppure viva e pulsante come non mai. Dalle quinte del teatro oscuro è tutto, a voi non resta che mettervi a sedere e godervi lo spettacolo.

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La recensione Knocturne di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-02-15 09:05:00

COMMENTI (2)

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  • indienick 5 anni fa Rispondi

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  • chichig 5 anni fa Rispondi

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