Un EP pubblicato nel 2014, ad appena 17 anni, per prendere giusto le misure. Cinque anni dopo il definitivo consolidamento di un perimetro musicale all'interno del quale potersi muovere con scioltezza e libertà creativa, ma pur sempre lungo il solco tracciato da talune figure importanti dell'universo folk-pop angloamericano prese a modelli di riferimento.
Fiore, dal basso (alto?) dei suoi splendidi 22 anni, si muove sicura, senza tremolio di gambe, nel rispolverare, a suo modo, le partiture melodiche - e umorali - di personcine come i Daughter, Edie Brickell e, soprattutto, Anie Di Franco, seppur declinata su registri più intimisti e meno impegnati.
E lo fa semplicemente recuperando otto brani scritti durante l’adolescenza, qui tirati a lucido anche grazie agli arrangiamenti “educati” di Matteo Bagnolo: tra episodi più o meno ispirati tutto finisce per girare intorno a un folk garbatamente pop a trazione acustica che nella soffusa malinconia di “Falling Again”, innervata dolcemente da un flauto traverso, e “Runaway”, struggente con i suoi archi e velatamente cranberriesiana nelle dinamiche, riscontra i suoi momenti migliori.
Il resto dei brani si divide tra momenti più o meno convenzionali che tuttavia non inficiano la piacevole morbidezza del quadro d’insieme, anche per merito della bella voce ambrata della songwriter triestina.
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