Compilation Mantova musica festival 2005 - Cantautoriale

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Il Mantova musica festival era nato “contro”. E come tutto quel che nasce contro qualcosa o qualcuno, si è ritrovato a dover fare i conti con l’eclissi di ciò cui s’opponeva. Un po’ come succederà alla sinistra italiana con Berlusconi. Nando Dalla Chiesa e il comitato promotore del festival mantovano erano partiti per opporsi, con intento battagliero e rigore etico, alla nomina del padrino Tony Renis a direttore artistico del San Remo 2004. Quest’anno - forti di 116 eventi, oltre 500 artisti, 35mila persone in cinque giorni di musica e cultura – hanno giustamente ripensato l’intera manifestazione quale evento a sé stante (“Perché declassarlo a "contro", quando non c'è più l'impellenza etica, civile, di opporsi - costi quel che costi - al modello Tony Renis?” ha detto tempo fa lo stesso senatore-sociologo Dalla Chiesa). E questo box con tre cd, quarantacinque canzoni, ne è la dignitosa sintesi. Il trend – d’altronde chi abbia minimamente seguito la rassegna, doveva aspettarsi un prodotto del genere – è quello del cantautorato militante musicalmente folkettaro, e forse è proprio questo – senza discutere l’assoluto valore di molti degli artisti inseriti nelle tre tracklist – il suo peggior difetto.

È gradevole, soffusa, poetica (“Parigi con le gambe aperte” di Gino Paoli e Ricky Gianco, per dirne una), la compilation di Mantova. Ma pure – sebbene più a sprazzi – vivace e scoppiettante (“Superreggae stereomambo” di Roy Paci & Aretuska e la sensazionale “Io sono allegro” dei Têtes de bois, anche qui per citarne solo un paio). Ricca di artisti che mai vedremo – giustamente (!) – all’Mtv european top 20. E ci mancherebbe. Gente volutamente estranea al patinato. Gente che graffia, colpisce, denuncia e per questo “è fuori” (non tutta, comunque). Ed è anche puntellata di proposte interessanti, per quel che riguarda i nomi nuovi (Ratoblanco o Emanuele Dabbono, quest’ultimo già sufficientemente affacciato al giro mainstream, secondo me non lo rivedremo l’anno prossimo. Viceversa più contemplativi Gianfilippo Boni o Eugenio Balzani, col suo easy-swing a sfondo storico).

Insomma: tre dischi che se ne vanno (positivamente) uno dietro l’altro. Rallegrando, rilassando, commuovendo pomeriggi e serate di un attento ascoltatore. Dove ritrovi “intoccabili” come lo stesso Paoli, come i Modena city ramblers, Eugenio Finardi, Teresa De Sio, Elio e le sue storie, Mauro Pagani (straordinaria “Nessuno) ma anche realtà ormai rodate e stimabili come i Radiodervish, gli stessi Têtes de bois e via elencando.

Tre dischi che mi sarei comprato. Io. Ma che non avrei mai consigliato se non ad un altro Io, nella sicurezza di rintracciare un interesse analogo al mio. Questo perché la varietà dell’offerta è quella che è. È scarsa. E quarantacinque pezzi sono troppi. Sembra un’antologia. Huge, direbbero gli inglesi, rispetto alle proporzioni pur importanti ma comunque di nicchia della manifestazione. Troppi rispetto al(l’unico) genere che si ha da proporre, prevalentemente un folk-rock combattente e combattivo: tre dischi annoiano. La dico secca e tranquilla. Non sono i pezzi ad annoiare – sebbene anche nella selezione, forse, qualche ragionamento in più si sarebbe potuto fare – ma il loro “montaggio” e la loro cornice. Non c’è da dire altro. Pochi gli “stacchi”, poche sonorità originali, poco brio inventivo. Quasi una sbrodolata celebrazione di sé stessi. Eccessivo. Come il collezionista che perde il senso della misura e continua ad accumulare cataste di oggetti. Magari tutti molto simili, stesse tinte, stesso uso, stesso valore. Questa è la compilation del “Mantova musica festival”. Per carità: ogni artista ha una storia a sé stante. Però messi tutti assieme mostrano quelle comunanze che fanno la forza – ma anche la noia – di questo triplo-cd.

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La recensione Mantova musica festival di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-07-11 00:00:00

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