Per spiegare il disco di oggi è necessario partire da una sua canzone: “Nature morte” è in fondo all’album e ne svela l’essenza. Si tratta di un quadro solo dal titolo inanimato, poiché in grado di schiudere energia selvaggia con un’attitudine alla ricerca e alla sperimentazione sonora. Il linguaggio del pezzo è infettivo, mai addomesticato e parla di deliri, paure, disincanto in uno stile pop rock originalissimo. In fondo la storia di “Liberty” è questa, e ci interessa farvela ascoltare; ovviamente solo se aveste voglia di uscire da schemi prestabiliti e abbandonarvi al richiamo della libertà.
Eccoci, dunque, ad interrogarci subito sul caos del mondo tra dubbi e insicurezze (“Cinghiali”). L’universo sonoro, torbido e chirurgico, della prima traccia diventa un assaggio dolceamaro in “Alla fine della giostra”. L’ironia si affaccia divertita nel rock di “Bach”, attraverso il rimando ambivalente all’inventore dei fiori dalle proprietà calmanti e all’illustre compositore tedesco. “Cotidie” è a seguire, come un flusso di coscienza che si interroga sull’incomunicabilità e sulla vacuità dei rapporti umani e “Blast” è la versione strumentale perfetta per esprimere stati d’animo nervosi, inquieti. In una terra di mezzo, in cui cielo e terra sembrano incontrarsi e il tempo fermarsi, suona “Lyudmila Pavlichenko”. Poi si finisce distesi sull’onda continua e profonda di un suono che crea dipendenza in “Incido sull’atmosfera”.
L’album di oggi dimostra la capacità di produrre una materia sonora abusata, come il pop-rock, per creare risonanze sperimentali, dunque uniche e personali, che lasciano un’impressione potente. Ascoltare per credere.
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