Sir Oblio Fusion room (Gold Edition) 2020 - Sperimentale, Hip-Hop, Alternativo

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Un disco esagerato, che mescola troppi generi insieme, finendo col perdersi.

Non c'è dubbio che Sir Oblio sia un vulcano. Produce quintali di musica e non sembra rallentare mai. Per citare un esempio, nel 2019 era uscito con un disco di 34 tracce. Più di due ore di hip-hop denso, cupo e introspettivo.

Questo nuovo lavoro è anch'esso mastodontico, ma totalmente differente. Una strana virata, tanto nello stile, quanto anche nelle idee. Il titolo "Fusion room (Gold Edition)" è azzeccatissimo. Siamo letteralmente dentro una stanza in cui si fondono svariati generi musicali, dei più disparati, in un accostamento sempre azzardato e quasi mai coerente.

La struttura non fa pensare nè ad un album, nè a una compilation; è più che altro un'enorme macedonia, dove non vige come parola d'ordine la sperimentazione (di sperimentale c'è ben poco), quanto l'eterogeneità. L'ordine delle tracce è puramente formale, poichè è indifferente da dove si cominci l'ascolto. Proverò a parlare di "Fusion room" a blocchi, per ordinare un po' questa valanga.

Si comincia con "Industrial", un assaggio di elettronica torbida che strizza l'occhio alla drum and bass; essendo all'inizio ci si potrebbe aspettare che la cifra stilistica parta da questa impostazione. Ovviamente non è così. Inizia il blocco dance. "My Nickname", "On the carousel" e "Paraìso loco" con le loro differenze, in lingue diverse, sono un quarto d'ora totalmente folle di ritmi anni '90 che ci fanno sculettare senza ritegno. Tra echi al motivetto di Crazy Frog, giostre e noche serena, ci si diverte parecchio.

Ed è per questo che "Candy drugs" ci fa storcere il naso. È l'inizio del blocco metal, che vede quattro canzoni ispirate a sonorità che spaziano tra Marilyn Manson e gli Slipknot (menzione speciale per un "fuck the system" che si sente volare a un certo punto; quasi d'obbligo). Iniziamo a capirci poco o niente. 

Per il resto i blocchi non servono più. C'è del piglio ironico, anche se poco pungente, à-la J-Ax ("Badly Made"), del rock abbastanza classico di derivazione zuccheriana, qualche altro spunto elettronico non molto sviluppato ("Edulcorate"), e un finale incomprensibilmente affidato ad "Autostop", senza dubbio la traccia meno riuscita, dove Sir Oblio non è sempre al meglio dell'intonazione. "Acid" è una sorta di cover-tributo ai Prozac+, dove l'artista lombardo decide di riscrivere parti del brano originale, dando vita a un mischione infelice e caotico.

L'ascolto di "Fusion room" è complicato e schizofrenico; un compendio esagerato. Troppi passaggi bruschi da un sound all'altro e una totale mancanza di organicità. Anche i testi, l'arma vincente dei precedenti dischi, non brillano particolarmente e spesso sono difficilmente udibili, a causa di un mixaggio imperfetto. Solo qua e là Sir Oblio ci regala qualche suo sprazzo poetico ed assurdo.

Una macedonia che purtroppo ci è rimasta sullo stomaco.

 

 

 

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La recensione Fusion room (Gold Edition) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-04-18 19:17:00

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