Un artista che all'alba degli anni '20 rinuncia a social e posizionamento sul web per focalizzarsi completamente sulla produzione di musica? No, non è uno script cinematografico à la “Into The Wild”, ma la storia che è sfondo di “La Liberazione”, il primo disco del cantautore romano Sbinder.
Dopo svariate esperienze come cantante e bassista di gruppi afferenti il pop, il rock ed il blues, il nostro si è concentrato sulla propria urgenza artistica, proponendo dieci canzoni il cui contorno è fatto di scarne nozioni informative e tanta voglia di oblìo. Spazio alla musica, quindi, alle note di stampo squisitamente cantautoriale che compongono un disco suonato davvero, con quegli strumenti che troppo spesso finiscono impolverati e sostituiti da campionatori e macchine digitali. Il filo conduttore è tracciato da un mood di serenità, toni bassi e parole quasi sussurate che restituiscono alle canzoni un carisma originale e autonomo: esercizio di genere, ma anche tanta personalità ed un registro espressivo che rifiuta analogie per solcare la propria strada.
Conosciamo poco di Sbinder, ma c'è tanto da scoprire: il primo disco si archivia con un giudizio positivo, è valido e può concretamente aprire a nuove release di eguale o ancore maggiore valore artistico. Il cantautorato nostrano si riprende l'anarchia, pubblicando brani senza editore, senza etichetta discografica e senza le smaniose consuetudini dettate dagli avatar che proiettiamo sul web.
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