Dopo una lavorazione travagliata, l'esordio dei Vertical Dive è un album di hard rock moderno credibile e curato
L’omonimo debutto dei Vertical Dive è un altro album figlio del Covid-19, in un certo senso. Una lunga lavorazione, continui rimandi a cavallo dei lockdown, insomma un percorso travagliato alla fine del quale quasi ci si stupisce di quanto suonino bene queste 8 tracce. Una produzione sicuramente fatta in casa ma pulita, più convincente della media degli esordi di questo genere. Ed è un bene perché l’hard rock contemporaneo del quartetto ha bisogno di un suono credibile, per dribblare la patina amatoriale e la muffa da revival hard rock di altri tempi (che riaffiora giusto in Lust and Pain e in qualche passaggio qua e là) Una volta cromato il suono, preparato il campo per qualche buona melodia vocale e un riffing muscolare, a quel punto la questione dell’originalità diventa anche secondaria. I veneti si muovono nella luce riflessa dei gruppi hard rock contemporanei, non poi tantissimi, che a una vocazione di nicchia ne hanno preferita una melodica e radio, o stadio, friendly. C’è un po’ di Foo Fighters in diversi ritornelli e riff, ma ci sono anche i chopponi di chitarra e le melodie di quell’alternative rock americano che negli anni ha flirtato con il nu metal, vedi alla voce Papa Roach o anche i primi Nickleback. A tirare una linea in particolare verso lo zio buono del rock e i suoi Fighters c’è anche una certa filosofia, che mette da parte machismo e immaginario edgy, classico di un certo tipo di rock, per abbracciare l’automiglioramento, il dialogo con sé stessi. In questi tempi di introspezione forzata, e scusate se insistiamo sul tema ma è difficile non leggere la musica dell’ultimo anno in questa luce, anche questa è una ventata d’aria buona per gli appassionati del rock.
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La recensione Vertical Dive di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-03-06 18:08:51
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