SPZ Go! 2022 - Cantautoriale, Psichedelia

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Ruoli diversi per la stessa squadra, SPZ è il converso di Frah Quintale. Melodie seducenti e distorsioni taglienti vengono unite nell’opera senza etichette del musicista romano

SPZ – al secolo Andrea Spaziani – continua il suo percorso in casa Undamento, etichetta che, insieme a Grooviglio, lo ha già visto autore di un ep e di un album notevole. Dopo un solo anno dall’uscita del lavoro con cui ha attirato l’attenzione della scena musicale italiana, il musicista romano è pronto a mettersi a prova. Un respiro profondo, un po’di rincorsa ed esce Go!, disco folle, malato e rigenerante allo stesso tempo.

Chiudendo gli occhi è possibile quasi immaginare Andrea scatenato sul palco, il cuore vivo di un ambiente fumoso, che si costruisce nota su nota senza scartare alcunché, dagli impeti hyperpop in Go! alle sonorità da videogame e lo-fi che fanno capolino in Strisce pedonali. L’energia con cui esplode la prima traccia è l’invito che viene posto a chi ascolta, che, prima di rendersene conto, tra cori, sintetizzatori saturati e una ritmica trascinate, si trova già dentro all’esperimento ipnotico di SPZ.

Le radici pop che influenzano il musicista ventisettenne trovano espressione in ogni singola nota, ma l’unica cosa che questo genere ha a che fare con tale progetto è l’armonia delle tracce, che si insinua fin nei più reconditi spazi della mente. Così prende forma l’eleganza esuberante di cui l’artista sembra fare una bandiera personale. Questa, che dà vita a forme melodiche avvolgenti e seducenti, si unisce a un’orchestra elettronica composta dai sintetizzatori più disparati, quasi sempre definiti da un uso esagerato della saturazione. Ma questo è il punto di forza di Go!, fini melodie e suoni graffianti si sposano in un connubio equilibrato e stupefacente.

Comune e anticonvenzionale allo stesso tempo, SPZ riesce a unire gli opposti, costruendo basi che risentono dell’elettronica, della lo-fi, del funk e del dream pop, sopra cui si adagiano testi delicati, la cui dolcezza si rispecchia nella voce quasi androgina del cantante. Vetta irraggiungibile dell’esplosività delicata tipica del disco è Mousse, in cui una chitarra funky si accosta a una leggera traccia di percussioni e sulla cui voce viene inaspettatamente applicato un autotune, quasi a sottolineare l’assoluta indifferenza dell’artista per le etichette e le definizioni.

Non solo itpop, anzi forse per nulla, da Salto casco poi ripeto a Miraggio, passando per Senza amare, il pizzico di cantautorato melodico che si ritrova nell’album viene annegato in composizioni corali che portano SPZ sulle stesse orme dei Tame Impala, dei Tropea e dei Post Nebbia, a cui aggiunge la sua capacità unica di impersonare un elegantissimo direttore dell’orchestra più glitch della scena italiana.

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La recensione Go! di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2022-10-07 00:00:00

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