Andrea Poggio Il futuro 2023 - Cantautoriale, Sperimentale, Pop

Il futuro precedente precedente

Sguardo pop annoiato e poesia quotidiana tatuata sottopelle

Il fare da "viviamo in una società" di jockeriana memoria, ma con l'atteggiamento languido e la posa marmorea venata di rosa à la Battiato. Occhiali da ritratto inconfondibile, e quella voce a metà strada tra il nasale e il giovin signore di Parini. Andrea Poggio ha costruito su di sé un personaggio che prima di tutto funziona alla perfezione, assemblato con elementi bizzarri ma non borderline, dotato di un'eleganza aristocratica che non gli fa mai perdere il controllo, negli arzigogoli affascinanti del suo comporre.

Il futuro, uscito a mezza primavera, è l'album della consacrazione, e noi lo abbiamo gustato in versione live sul palco del Teatro dei Filodrammatici. Venticinque minuti, grande concisione, forse eccessiva, per un piccolo manifesto di pop sociale che carezza le orecchie e forse le coscienze, ma che questo vuole fare, senza pretese di alcun tipo. I pezzi non superano i tre minuti di durata, sono perle opache che non brillano particolarmente se guardate con la lente d'ingrandimento, ma che viste in fila una accanto all'altra assumono un reale senso di bellezza.

Il futuro crea un discorso non coerente per forma, spezzettato in suggestioni, in cortocircuiti poetici, nella ricerca formale esasperata del suo autore, che si bea delle parole complesse, come degli attacchi al libero mercato, alla svendita delle città, al futuro bollente, in fiamme. La prima parte del disco è praticamente perfetta, le frasi si incastrano tra le tastiere, supportate dalla voce di Adele Altro, primo nome di una sfilza di ospiti d'onore, da Francesco Bianconi ad Angelo Trabace, fino ad Enrico Gabrielli.

Ogni momento ha la sua micro orchestrazione, alle volte più accattivante e crudamente pop, si veda Il nuovo mondo, altre con gli anni '80 sparati in vena con malinconia, come in Parole a mezz'aria. Amori perduti suona come una filastrocca delicata su cui provare a ballare un liscio, mentre in Frasi a metà subentra un riff omaggio al maestro Battiato, abbastanza da manuale.

La seconda parte de Il futuro subisce una piccola battuta d'arresto, la penna perde un po' dello smalto argentato sfoggiato fino a quel momento, e la stessa voce di Andrea Poggio comincia a sembrare forzata, a tratti manieristica. Sta forse in questo il rischio di estremizzare una forma verso una sola direzione, nella necessità di una composizione precisa e accurata. Infatti la doppietta finale torna a convincere proprio perchè è la scrittura a tornare ispirata. Chilometri d'asfalto e soprattutto Fuori città, scritta con Enrico Gabrielli, chiudono questo marchingegno di plastica morbida molto ben funzionante. Il futuro ha lo sguardo annoiato e la poesia quotidiana tatuata sotto la pelle.

 

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La recensione Il futuro di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2023-08-02 12:09:38

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