Stella Burns Long Walks in the Dark 2024 - Rock

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America the Beautiful.

Se Gianluca Maria Sorace avesse potuto scegliere tra la vita e la morte, avrebbe scelto l’America. L’America del deserto e dei mariachi, delle ballad country, della frontiera e della ferrovia.

Gianluca Maria Sorace è meglio conosciuto come Stella Burns, sangue siculo, la Padania come terra promessa, amore per la musica, le arti grafiche, videomaker quando capita. Sette anni dopo Jukebox Songs, e a qualche mese di distanza da I’m Deranged, EP di cover dedicate a David Bowie, ecco Long Walks in the Dark, uscito fuori con la dovuta calma, passando attraverso qualche lutto da elaborare e una massa di canzoni cresciute una dopo l’altra nonostante il Covid19 e le tante difficoltà incontrate qua e là. Mette le mani avanti Sorace quando parla di lavoro intimo e personale, e non saremo noi a smentirlo. Di certo, siamo alle prese con un disco mai sopra le righe, misurato, elaborato con lentezza ma ricco di suoni per nulla cupi, spettrali o melensi.

Il continente nordamericano la fa da padrone con i richiami all’epica del Far West, le chitarre in salsa hillbilly se non in versione bottleneck, il banjo, la fisarmonica, le ballad strappacuore. Stella Burns sa essere romantico (Her Kiss Your Smile) ma anche malinconico (Make a Wish), e potrebbe persino regalare più di una sua creazione a chissà quale colonna sonora di ispirazione spaghetti western (per esempio, I want to Be Dust When I’m Done, con la partecipazione dell’amico Dan Fante, il figlio di John). A proposito di amici, l’album è pieno zeppo di ospiti: Sergio Carlini dei Three Seconds Kiss, Laura Loriga dei Mimes of Wine, Davide Grotta, Mick Harvey (già con Nick Cave e P.J. Harvey), Ken Stringfellow (The Posies, R.E.M.), Marianna D’Ama (Timber Timbre). Una bella combriccola che fa planare Long Walks in the Dark dalle parti dei Calexico o degli Iron & Wine, ma senza sottovalutare l’urgenza di uscire dai binari non appena possibile: la title-track, per dire, va a parare dalle parti di un certo cantautorato tricolore anni ’60, e poi The End of the Snowfall non ricorda forse i Beatles? Sì, i Beatles armati di banjo!

Long Walks in the Dark, al di là dei suoi innegabili contatti con le terre del nuovo mondo, rimane un album pieno di belle canzoni dallo stile elegante e sinuoso. Che poi, è quel che più conta.

  

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La recensione Long Walks in the Dark di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-03-25 19:00:00

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