I Shot A ManDUES2024 - Rock, Blues

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Dichiarazione d'amore per il blues, fra tempeste elettriche e ballad dal sapore alcolico.

DUES è un album che non ha fretta, eppure avanza con la determinazione di chi conosce bene la polvere sotto le scarpe. Il secondo capitolo del trio I Shot A Man– che sogna grande come una big band, ma si muove con l’agilità del predatore solitario – è un atto d'amore e di coraggio verso il blues, non come forma, ma come sostanza.

Ogni brano è una figura che prende corpo, un nome che si fa invocazione. Si apre con Arnold Wolf, un brano che picchia duro come la boxe che evoca: ritmo secco, diretto, spigoli vivi. È una dichiarazione d’intenti: il blues qui non è nostalgia, è un atto di forza. La successiva Moanin’ At Midnight, unica cover dell’album, è un omaggio che diventa rito sciamanico: l’armonica taglia l’aria come una lama, la voce sembra arrivare da un altro tempo, un’altra febbre.

Con Contemplation Blues si vira verso una malinconia più composta, quasi cinematografica: è il primo sussurro dopo l’urlo, con un retrogusto d’altri tempi. Desert Room esplode invece in un’africa interiore, dove il ritmo pulsa come un cuore in corsa, secco, incessante, bruciante come il sole sulla sabbia.

In Left Eye si fa spazio una ballad viscerale e seducente, che sfiora la psichedelia senza perdersi: le chitarre sono linee che disegnano orizzonti nuovi, mentre il blues resta l’anima pulsante. Annie Goodheart cambia registro e ci trasporta tra saloon polverosi e ragtime sorridenti, con inserti vocali che odorano di vinile e memoria.

Poi arriva Thieves, e il tempo rallenta: è una preghiera laica, carnale, attraversata da echi gospel e da voci femminili che accarezzano come mani calde. In Roll And Flow ci si ritrova invece tra i fumi d’alcol e i neon notturni di Bourbon Street, dove il groove si fa ipnosi e la notte non finisce mai.

Spazio 50 è una parentesi intima, quasi sospirata. Il pianoforte guida con delicatezza, tra ombre sensuali e silenzi che parlano più delle parole. E infine, Billboard, il secondo singolo, chiude il disco come una tenda che cala lentamente su un palco ancora caldo. È soul morbido, vibrante, con le voci che si intrecciano in un commiato che sa di malinconia e gratitudine.

DUES è un percorso rituale. Ogni canzone è una tappa, ogni nota un gesto necessario. Qui il blues non è revival, ma materia viva, che si contorce e si rinnova. È la lingua dei perdenti, dei cercatori, dei sopravvissuti. È un grido che viene da lontano, eppure parla perfettamente la nostra lingua.

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La recensione DUES di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-04-19 07:53:24

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