Vasco BrondiUn segno di vita2024 - Cantautoriale

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Il secondo disco solista di Vasco Brondi è un grande cantiere aperto su paesaggi spontanei, contaminati dall'urbanizzazione silenziosa. Un disco pieno di grandeur pop, malinconie rock, e bellissimi orpelli orchestrali

Gli autori della nostra prima giovinezza invecchiano, e così i personaggi che abbiamo sempre cantato con loro, che abbiamo immaginato nelle loro sembianze umane, figure sfumate di cantautori che con le parole hanno sempre giocato, correndo rischi e abituandosi ad essi. Vasco Brondi ha cantato sempre i paesaggi, ha fatto della pittura a parole il cuore del suo scrivere, armonicamente scarno e viscerale, liricamente assurdo. Il suo momento di maturità aveva destato qualche sospetto, perché non era chiaro dove l’ex Le luci della centrale elettrica stesse andando, fino a quando non sono iniziati a uscire i primi pezzi del suo secondo disco da “solista”.

Un segno di vita, anticipato da Illumina tutto, Va dove ti esplode il cuore, Fuoco dentro -con Nada- e dalla bellissima title track, ci restituisce la forma più matura che un cantautore possa avere nella contemporaneità italiana. Per la prima volta nella storia di Vasco Brondi è il comparto sonoro ad essere protagonista, a rimanere impresso al primo ascolto. Il sound è pieno, panciuto, confortevole e pop, o forse molto più semplicemente è figlio di una squadra di grandi musicisti e compositori. Basta sbirciare dietro le quinte per scovare i nomi di Nardelli, Cantaluppi, Gohara, Trabace e Dragogna, e quindi risolvere il rebus. La compattezza autorevole di quel pop contemporaneo dalle grandi ambizioni - che un tempo chiamavamo indie - si mescola ad un gusto di malinconia rock che non si traduce in distorsioni di chitarra, ma in un'idea di scrittura, e infine il tutto si sfuma in orpelli di arrangiamenti orchestrali

Nessuno ha creato nulla, ma si sono usati gli elementi giusti per dare ad un autore, solido e molto sicuro del suo immaginario narrativo, la musica giusta, al momento giusto, per la rinascita. Chi avrebbe mai detto che nel 2024 Vasco Brondi avrebbe cantato melodie simil-sanremesi, facilmente immaginabili in bocca ad un Gazzelle o ad un Tananai? Nessuno ovviamente, e proprio per questo Un segno di vita è un disco fatto di sorprese, piacevolissime, da cantare a squarciagola nei club che ospiteranno il tour nei prossimi mesi.

La rinascita non è raccontata, ma traspare dalle parole che si sentono cantare, da un Vasco rilassato, come mai era stato probabilmente, nemmeno ai tempi di Chakra. Questi brani sono stati scritti in viaggio, e si sente. Questi brani, soprattutto, sono stati scritti dopo aver letto e Cognetti, perché ogni zona del paesaggio prende il suo nome specifico, e non è mai un concetto astratto. Rive, valli, strade, piccoli viali, lampioni, elementi di una geografia che trascende l'ideologia dell'autore de Le otto montagne, ma che ne conserva l'essenza, forse la cura.

E poiché racconta un viaggio, Un segno di vita va seguito, sempre un po' in  ritardo, rincorrendo i brani e ascoltando a ripetizioni gli incastri lirici, esattamente quelli che ci aspetteremmo da Vasco Brondi, alle prese con citazioni, incursioni nel suo spirito di strano intellettuale meta-moderno, malinconie irrisolvibili. Risalta su tutto il tema dell'accettazione della realtà, cantata in Fuori Città, un brano a tratti criptico, a tratti chiarissimo, che offre una vera e propria visuale sulla vita che si muove, sui tentativi di farsi guidare dai bisogni reali e profondi, il tutto cantato nella lattiginosa atmosfera delle ultime canzoni del Dragogna solista.

Nella sua mescolanza di penne che si intrecciano Un segno di vita è un disco incredibilmente corretto, esatto, che calibra l'essere al servizio di qualcuno con la disponibilità emotiva di chi ci ha lavorato. Un grande cantiere sonoro - guidato da mastro Vasco Brondi, autore sempre più intelligente, a tratti saggio, che inserisce come chicca finale la splendida cover de La stagione buona dei Non voglio che Clara - aperto fino al tramonto di ogni giorno, affacciato sul cielo, sulle stelle che stanno per arrivare, sulle tracce che lascia la vita, sulle "Città sempre silenziose / L'amore e la guerra (...) Le solite cose". In questo paesaggio spontaneo, contaminato dall'uomo seguiamo la Sara de Le ragazze stanno bene, ci ricordiamo di lei, la vediamo mescolarsi in tutte le altre declinazioni del cuore di Vasco Brondi, a spasso intorno a noi.

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La recensione Un segno di vita di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-03-15 10:48:00

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