13 brani ben ritmati e incalzanti. Un suono vigoroso e scattante, un cantato in italiano in cui la melodia è sovrana. Il primo assaggio è il migliore e il movimento aggressivo de “Il velo d’ombre” ne è la testimonianza, anche se nel gusto prevale molto l’ingrediente Verdena che era inevitabile menzionare. Le successive tracce non raccolgono sempre il mio personale gradimento a causa di un rock super melodico, a volte troppo, e scontato nei ritornelli tanto da corrompere la sincera irruenza dei suoni (come “Le mie paure”). Il suono c’è, si sente l’impegno dei componenti che costruiscono sonorità energiche ma non in grado di offrire grandi sorprese in termini compositivi; piuttosto si incanalano nella solita forma canzone di quel rock italiano più rock e nelle usuali ballate. Un sound che scalpita, un progetto solido musicalmente in cui il gruppo dimostra grandi capacità e compattezza, nel quale non mancano le intuizioni (soprattutto nei primi tre pezzi o nella agguerrita “Untitled”, in “DNA”, in cui si sentono rimembranze dei Cure), ma che ancora non incide, non graffia abbastanza al punto di fare la differenza. Ma non manca tanto.
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