Lamante In memoria di 2024 - Cantautoriale

Disco della settimana In memoria di precedente precedente

Un esordio straordinario, in cui Lamante cristallizza il grido del suo corpo, prima di musicista e poi di donna. "In memoria di" suona come un classico, punk nel rumore, pop nel pianto, canto totale

Un trailer, un matriarcato, frutta rosse innalzate, in memoria di. Un trailer dai colori di Midsommar per un disco dai colori che dobbiamo ancora capire, perché siamo un po' tramortiti. La musica Giorgia Pietribiasi, in arte Lamante, classe '99, è come se stesse con noi da tempo, forse dalla data di venticinque anni fa, che si legge alla fine di quel breve video ossessionante. In memoria di è una raccolta in tutti i sensi, raccolta di momenti di vita che galleggiano da tempo nella vita di un'artista che non pare vero possa avere questa età. Il classicismo di Lamante è deflagrazione e poi subito dopo un'urgenza che fa piangere le chitarre, come nella migliore tradizione del rock alternativo nostrano, quello strano e stratificato di vent'anni fa.

In memoria di è un esordio che vede il lavoro dietro le quinte di Taketo Gohara, e basterebbe questo per caprie la caratura di Lamante. Un esordio così compatto, così ruvido - uscito il giorno dopo la morte di Steve Albini -, che è difficile da digerire, e che richiede di andare avanti nell'ascolto, a tavoletta. 37 minuti per un disco che è almeno tre dischi, uno punk da morire, l'altro pop tristone, con tutti i giusti effetti e pochi distorsori, l'ultimo poco identificabile, una ricerca totalizzante, esplosione sonora dalla ricchezza spaventosa.

Dietro un disco del genere si nasconde una persona che pensa le cose giuste, quelle necessarie per entrare nelle canzoni, specchio non necessariamente trasparente messo davanti alla propria vita. L'essere musicale di Lamante è un essere filtrato e maneggiato, e per questo così terribilmente umano, messo a disposizione degli altri, in modo totale. Ed è per questo che il continuo cambiare di forma di questi undici brani è la cosa più naturale che esista, un susseguirsi di scritture maturissime ed esecuzioni fatte di silenzi riempiti, continua ricerca della sospensione, da lacerare senza pietà, grazie soprattutto all'azione puntualissima dei fiati, pietra angolare del sound del disco.

Suonare per la necessità di avere un pubblico a cui parlare, ma non prevedere già le persone che si avranno davanti, fisicamente o virtualmente, è una sfida che ogni artista dovrebbe inseguire. Lamante non vuole rassicurare nessuno, e mette da subito il pubblico alle strette, sotto osservazione. Bastano cinque minuti de In memoria di per sentirsi in soggezione, nel luogo sbagliato, forse lo si dovrebbe ascoltare nascosti da qualche parte per non lasciarsi ferire dall'urlo feroce di Non chiamarmi bella, dall'intro così perfetta di Come volevi essere, canzone di cui abbiamo già detto tante cose, ma forse non bastano mai.

La scomodità viene fuori dalla rabbia che Lamante canta, in un incastro di parole che colpisce ad intermittenza, come un libro di aforismi trovato nel miglior baule della cantina. "L'ennesimo uomo che mangio", "Una lacrima in meno non farà di me una donna", "Io rubo un'emozione come l'umanità imbraccia il fucile", questa una piccola selezione, più tutto quello che già conosciamo, che abbiamo ascoltato a ripetizione in questi mesi. 

Ultima ma non ultima, la voce di Giorgia - e chi c'era, rintanato nella Palestra Visconti, durante la scorsa Notte dei cbcr lo sa bene -, elemento speciale, fuoco vivo di un'orchestra in miniatura che sabato 25 maggio a MI AMI promette grandissime cose, sul palco Dr Martens, quello delle grandi occasioni. In Ciao Cari, brano di chiusura dal titolo geniale, si può respirare l'atto finale di un modo di cantare che riesce a farsi lieve  e sussurrato e dopo un batter d'ali raggiungere frequenze alterate, farsi tutt'uno con il corpo delle parole. 

"Neppure i morti saranno al sicuro dal nemico, se vince.", si chiude così il già più volte citato video che presenta In memoria di, con questa citazione mozza di Walter Benjamin, scritta alla fine della sua vita, in fuga dai nazisti. Non sappiamo oggi chi sia il nemico, forse non è importante per il filo del discorso di Lamante, che certo non ne fa un discorso di massimi sistemi. Con questo disco straordinario ha cristallizzato in musica il grido di un corpo che non vuole essere classificato, che lotta senza doversi spiegare, che non crede al merito, che ama discutersi. Punk, pop ed elettronica, che importanza fa? Anarchica mancata, che cambia tonalità quando vuole.

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La recensione In memoria di di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-05-10 01:55:00

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