Fiori di Cadillac Stranieri 2024 - Cantautoriale, Elettronica

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Con la compattezza e la serietà del pop più autorevole i Fiori di Cadillac ci regalano un disco multiforme, che nasce su una pista da ballo cool e dark per poi sprofondare nella sana malinconia della vita adulta senza illusioni

Il terzo disco dei Fiori di Cadillac inizia con una mina. Una mina rimasta inesplosa a lungo, in attesa di uno smottamento che facesse scattare il meccanismo, e creare finalmente quella voragine, intorno a cui costruire una pista da ballo. Ma questa pista sarebbe rimasta chiusa a lungo a causa di una pandemia, e quindi meglio così. "Questa nazione ci spegne", e noi ci lasciamo spegnere nostro malgrado, andando sempre a tempo come nessun'altro, sfoggiando un'attitudine minimale e acida, da intramontabile elettro pop. Stranieri è un disco che ha la fortuna di avere Ultima Nave come prima traccia. 

E poi può andare tutto in discesa. Ci si potrebbe far prendere dalla foga, abbuffarsi di pezzi tutti uguali, e invece il duo campano, dopo qualche smottamento da discoteca cool e dark, cambia registro e ci regala un lavoro molto compatto, serio, vestito con il completo scuro. Se si fosse in ambito calcistico si potrebbe dire che i Fiori di Cadillac gestiscono alla grande un vantaggio raggiunto nei primi minuti, provando affondi vincenti a più riprese.

Questi affondi raccolgono (parecchio) le eredità malinconiche degli Ex-Otago, alcuni incastri ritmici e melodici dell'ultimo Cosmo, rielaborano con compostezza una serie di riferimenti e li diluiscono dentro una poetica molto chiara, dove il disfacimento delle certezze della vita adulta viene cantato, con la sigaretta in bocca, e un immancabile - e musicalmente inflazionato - gin da sorseggiare.

Il primo di questi affondi è Terra Promessa, l'ultimo abbaglio in cassa dritta, dove le ritmiche col pilota automatico danzano in modo sensuale con la struttura armonica del brano, lasciando la modulazione delle parti di tastiera a fare il proprio gioco, egemone ed avvolgente. Il cuore del brano ruota intorno ad una fuga, ad una separazione che inevitabilmente avverrà, senza troppi convenevoli, "senza neanche salutare".

Degna di nota è anche la coda del disco, ormai crollato in atmosfere di irrecuperabile malinconia. Prima Monolocale, un lentone pieno di lacrime in cui la voce sembra galleggiare sopra una risacca di tastiere singhiozzanti. Poi il colpo di grazia, che arriva con Vivere di musica. Non c'è auto compiacimento, esibizionismo triste o tantomeno commiserazione, ma l'ammissione di un sogno. Si scoprono le carte, si mette sul banco tutto ciò che si è disposti a rischiare, con la consapevolezza che si potrebbe perdere tutto, da un momento all'altro. Una riflessione maturissima sulla futilità della musica, sul suo essere allo stesso tempo motivo di vita e scommessa insensata. Soprattutto la degna coda di un disco che va incontro al silenzio dopo un colpo di coda a base di sax, dirompente prima dell'ultimo ritornello.

Stranieri è un cerchio dalla quadratura affascinante, un disco per certi versi canonico, dove il rischio sta nell'avvicinarsi così tanto ad un cuore, pulsante e pop, invischiato in problemi da romanzare nel modo più sobrio possibile. Una prova di maturità stilistica, abbastanza invidiabile, da parte dei Fiori di Cadillac.

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La recensione Stranieri di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2024-06-21 01:55:00

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