Polpo Kid Mondo Borfo 2025 - Punk, Psichedelia, Garage

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Garage punk e surf si uniscono in un debutto allucinato e surreale.

Mondo Borfo è l’esordio discografico dei Polpo Kid, giovane formazione milanese che si affaccia sulla scena con un album ruvido, viscerale eppure sorprendentemente consapevole. Nove tracce taglienti e immediate raccontano il primo anno di vita della band, restituendo una fotografia a bassa fedeltà ma ad alta intensità emotiva, che affonda le sue radici nel garage più abrasivo, nel surf più storto e in una psichedelia dal sapore artigianale.

A distinguere i Polpo Kid da altri progetti simili è, innanzitutto, la scelta coraggiosa di cantare in italiano, operazione mai semplice quando si lavora con generi musicali che, per loro natura, suonano più a loro agio in inglese. I testi sono nonsense, spesso vicini alla forma della filastrocca, immersi in un immaginario surreale e, non di rado, spinti in secondo piano da fiumi di eco e delay, come se la voce stessa fosse uno strumento da contaminare e non un messaggio da decifrare. È un approccio che ricorda certe derive dei Verdena, ma anche il gusto per l’assurdo di progetti più avanguardisti del passato.

Il brano d’apertura, “GPT 4”, colpisce con le sue pulsazioni surf-industriali, un’onda di riverberi che richiama alla mente l’urgenza urbana dei The Rapture più elettrici degli esordi, ma anche certi momenti più acidi dei Black Lips. “Motocicletta Blu” invece apre spazi più dilatati, cavalcando ritmi beat che sembrano riflettere una psichedelia domestica, lisergica ma mai pretenziosa. E poi ci sono i momenti più feroci, punk e sincopati, in cui i Polpo Kid si avvicinano agli schizzi garage dei primi Ty Segall o dei FIDLAR più scassati.

Particolarmente riuscito è l’esperimento vocale di “Cinque Robots”, dove voci sovrapposte, filtrate, incise e stratificate danno vita a un episodio quasi alieno, che testimonia la voglia della band di spingersi oltre l’energia live per esplorare anche territori più costruiti e visionari. In questo senso, si avverte anche una parentela con il mondo più allucinato dei Thee Oh Sees e dei Moon Duo, specie nei passaggi in cui la ripetizione si fa mantra.

Tutto il disco è stato registrato e mixato in casa — letteralmente: tra garage, cameretta e soggiorno — e questa scelta non è solo una questione logistica ma anche estetica. Il suono è saturo, sporco, attraversato da delay e saturazioni che non cercano mai la perfezione, ma piuttosto una verità emotiva, diretta e analogica. Il mastering, affidato a Filippo Passamonti, ha il merito di restituire coerenza e dinamica a un lavoro che avrebbe potuto facilmente deragliare nella confusione.

Mondo Borfo non è un disco che cerca la lucidità o l’equilibrio, ma è un’esplosione controllata, il diario sonoro di un gruppo che ha ancora tutto da scrivere, ma che sa già perfettamente da dove partire. E lo fa con stile, ironia e una sensibilità noise-pop che potrebbe aprire scenari futuri molto interessanti.

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La recensione Mondo Borfo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-06-03 08:14:00

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