Echoes Of The Whales s/t 2007 - Elettronica, Post-Rock

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Dal titolo subacqueo e conoscendo l’humus in cui sono cresciuti gli artisti alle redini di questo progetto mi aspettavo un impasto sonoro scuro, fatto di note lunghe e basse, ovattate e fluide. La prima traccia del compact mi smentisce aprendosi con le pungenti frequenze medie di una sirena: non quegli esseri mezze donne mezze pesce che accarezzano balene nuotando loro accanto, come suggerirebbe il titolo del disco, proprio una sirena militare in glissato discendente cui vanno ad aggiungersi parti di tastiera basso, theremin e strumentazioni elettroniche rigorosamente lo-fi per formare un crescendo basato su molteplici iterazioni sovrapposte. Con la seconda traccia l’impasto sonoro viene completato dall’aggiunta di una chitarra in Reverberi: accordi grattugiati à la folk che sfumano il lavoro di post-rock, suonati da Jukka dei Giardini di Mirò.

Facendo un discorso puramente stilistico, non c’è molto più da aggiungere: le tracce basate su architetture che prendono vita dal vertice di un angolo acuto (Ravel per esempio. "Bolero" anyone?) non sono una novità, come non lo è ormai la ricerca timbrica propria dell’elettronica pura. Vengono adderittura a mancare le ritmiche hip hop in passato portate con decisione nel progetto solista di Mangia: quel Populous che ha ammaliato Thomas Morr. Un po’ come se volesse rimarcare la capacità di concedersi alle visioni consone più ai lavori solisti di Leo che all’indietronica più popular.

Il miracolo avviene prendendo il lavoro dal punto di vista emotivo, e in effetti l’album dà le maggiori soddisfazioni quando lo si ascolta col ventre, più che con le sinapsi. In questo senso si può parlare di talento: far musica così semplice ed essere in grado di trasmettere così tanto denota un gran gusto, qualità in genere lontana dalla tradizione italiana, per lo meno quando si tratta di lavori sui suoni più che sulle parole. In effetti la teoria di Thomas Jenkinson, in arte Squarepusher, secondo la quale il maggior limite artistico di un musicista sta nel conoscere come funzionano i propri strumenti per poterne tirar fuori sempre roba nuova, può essere cerebralmente interessante. Ma alla fin fine, a parte una stretta cerchia di persone, si ascolta musica per goderne, non per chiedersi come essa sia stata fatta. E pure lo stesso Squarepusher: è più bello quando è tamarro.

Per quanto riguarda il sottoscritto: secondo centro netto per la Disasters by choice. Sta diventando la mia etichetta italiana preferita.

Unica nota: ma... le balene?

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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2007-10-24 00:00:00

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