MorettiNomi cose città2025 - Cantautoriale

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Pane e amore per merenda. Nove pezzi facili, per chi ha il tempo di ascoltare

La controrivoluzione cantautorale che, di tanto in tanto, si fa largo tra la nebbia delle uscite del venerdì passa anche per dischi “minori” come quello di Moretti. Il suo precariato presso Bradipo dischi (è lui stesso a definirlo in questo modo nella sua bio di Instagram) si arricchisce di un secondo capitolo: dopo Moretti ha fatto anche cose buone, uscito nel novembre 2022, arriva nomi cose città, e potrebbe essere un’altra delle cose buone da aggiungere a quelle già citate nel disco precedente.
Se è lui a definirlo un disco più riflessivo, non si può certo dire siano cambiati lo spirito e l’attitudine dell’artista milanese. Pare infatti che, come Obelix, anche Moretti sia caduto da piccolo all’interno di un calderone: nessuna pozione magica, solo il suono puro e senza fronzoli della tradizione cantautorale italiana: Brunori SAS, un pizzico di De Andrè qua e là e una propensione ad utilizzare nei suoi pezzi titoli dal nome di donna, residuo ineludibile dei favolosi anni Ottanta nostrani. Ma su tutti, è lo zampino di De Gregori a farsi sentire: una voce che sul finir dei versi sembra voler scappare via, testi non sempre immediati e una profonda fascinazione per la figura di Cesare Pavese, a cui Moretti dedica, per l’appunto, la canzone Cesare.
Il Pavese di Alice, “perduto nella pioggia, sta aspettando da sei ore il suo amore bambolina”, è lo stesso Cesare di Moretti: un amore folle e disperato, all’insegna di una donna sfuggente e di voli pindarici alla ricerca di spazi, di cieli, in cui fuggire per potersi dire uniti nel medesimo sentimento. “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi/ e sarò fermo lì ad aspettare/ Per guardarti un’ultima volta/ andare via” è il riferimento esplicito a quell’animo sensibile, che, in un paio di occhioni dolci, ha visto il cielo cadergli addosso.
Nomi cose città è l’inventario personale di Moretti: resoconto di volti e di spazi e di tutto ciò che altro non è che un motivo per scrivere e cantare. Di Bologna e Milano, ossimoro compiuto nel disco tra una città che ti avvolge e una città da conquistare. Nello specifico, Bologna, insieme a Cesare tra i brani più riusciti dell’album, è una marcetta vintage in pieno stile Alberto Fortis di Nuda senza seno che mixa una sana intolleranza nei confronti delle Forze dell’Ordine e di quell’aria naïf che fanno del capoluogo emiliano un microcosmo irriproducibile.
Il disco fa ben sperare, con una scrittura accattivante e a tratti fortemente ermetica: qualche pezzo è a forti tinte sanremesi, ma non abbiamo ancora capito se questo sia un pregio o meno. Di sicuro, con Milano, Ultimo si sarebbe riempito per bene le tasche. Forse sarebbe stato pure il suo unico pezzo scritto bene!

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La recensione Nomi cose città di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-10-15 20:55:00

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