Un manifesto di identità artistica che fonde energia punk e sensibilità post-punk con sorprendente maturità.
La nuova uscita degli Shefound sorprende per maturità e audacia, come se la band vicentina avesse finalmente trovato la propria frequenza emotiva e sonora. Dopo la sospensione quasi cosmica di No Gravity, il gruppo irrompe ora con un lavoro più feroce e stratificato, in cui la fisicità del suono diventa un linguaggio autonomo.
Le chitarre – distorte, nervose, animate da un’urgenza quasi urbana – si intrecciano con un basso che pulsa come un sistema circolatorio impaziente. Attorno si insinuano texture elettroniche mai didascaliche, frammenti luminescenti che tagliano o ammorbidiscono l’impatto, mentre la voce di Diletta Pellizzer guida il tutto con un graffio che non chiede permesso. È una presenza che non arretra: racconta rabbia, libertà, traumi che bruciano e la lenta, complessa riconquista di sé.
Il disco vibra di un caos calcolato, dove ogni frattura sembra studiata per far filtrare luce. Si avverte l’eco del post-punk più viscerale, quello degli Idles, ma anche l’ironia centrifuga dei!!! e la febbre danzante degli LCD Soundsystem degli inizi. Sottotraccia, un’intelligenza ritmica che richiama la lezione dei Talking Heads, soprattutto nella capacità di giocare con l’instabilità, rendendola un motore creativo.
No Big Deal si presenta così come un manifesto più che un semplice album: un atto di esistenza, un rifiuto di ogni forma di silenziamento, un invito a riconoscere il potere trasformativo del rumore. Gli Shefound modellano un suono che sembra respirare, contrarsi, espandersi, un organismo vivo che riflette la complessità delle emozioni umane.
In questo nuovo capitolo la band definisce con decisione la propria identità artistica, scegliendo di abitare un territorio in continua mutazione, dove l’energia punk incontra una sperimentazione elettronica coraggiosa e una profondità emotiva che non teme di esporsi. Se il titolo suggerisce un atteggiamento disinvolto, la musica svela tutto il contrario: un’urgenza autentica, un bisogno di raccontare e di raccontarsi attraverso un linguaggio che è insieme ferita e liberazione.
La sensazione finale è di trovarsi davanti a un progetto in piena evoluzione, consapevole dei propri strumenti e affamato di nuovi orizzonti. Gli Shefound sembrano aver compreso che la loro forza nasce proprio in quella zona irregolare, rumorosa e vibrante dove il gesto artistico diventa verità.
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La recensione No big deal di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-11-17 07:30:37

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