Tra cicatrici e incontri inevitabili: un racconto cantautorale che unisce Italia e Argentina nel segno dell’esperienza.
Con il nuovo singolo intitolato El Vino, Martin Navello compie un passo misurato e consapevole nel percorso che conduce al suo prossimo album, firmando un brano che ha il passo lento delle cose vere e il peso specifico dell’esperienza. È una canzone che nasce dall’incontro — umano prima ancora che artistico — e che si deposita sulla pelle come fanno certi ricordi: senza chiedere permesso, ma lasciando un segno riconoscibile.
Navello racconta di cicatrici, di passaggi obbligati, di quella geografia intima fatta di errori, scelte e ritorni che definisce chi siamo. La scrittura procede per immagini calde, mai ridondanti, con una delicatezza che somiglia a una carezza di velluto, promessa mantenuta più che dichiarata.
Dal punto di vista musicale, El Vino si muove all’interno di un cantautorato poroso e meticcio. Blues, folk, reggae e ritmi latini si intrecciano con naturalezza, senza mai sovrapporsi in modo artificiale. Il brano respira su una struttura fluida, che lascia spazio alla voce e al racconto, ricordando come la canzone possa ancora essere un luogo di ascolto e di senso. Le influenze sono riconoscibili ma mai ostentate: l’ombra poetica di De André, il calore viscerale di Nutini, la profondità sudamericana di Spinetta e Mercedes Sosa, la scrittura intima di Drexler, l’istinto nomade di Manu Chao.
La musica di Martin Navello continua così a farsi ponte tra Italia e Argentina come necessità espressiva. El Vino invita al viaggio, non tanto geografico quanto emotivo, e lo fa con una voce che sceglie la misura invece dell’enfasi, la verità al posto dell’urgenza.
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La recensione El Vino di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-12-18 07:01:05

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