Marco Castello Quaglia sovversiva 2025 - Cantautoriale, Jazz, Funk

Disco della settimana Quaglia sovversiva precedente

Il terzo disco di Marco Castello è un'utopica rivolta cantata con lo splendore angelico del suo cantautorato, levigato e preciso, eppure mai così incazzato

Non è un comunicato delle BR. E nemmeno della RAF. Eppure si presenta in modo così asettico, non riconoscibile per l'impaginazione. Puro contenuto, dunque puro terrore. Nell'orrido oggi in cui sembrano contare più i comunicati stampa dei dischi, dal comunicato stampa partiamo, per parlare del terzo disco di Marco Castello. Font txt, nessuna spiegazione, nessuno scivolo per il lavoro dei giornalisti - facciano un po' di fatica ogni tanto -, una decina di righe sulle motivazioni reali, sulla rabbia che ha spinto "maccucciu" a scrivere altre 10 grandi canzoni.

La prima parola del disco è "Benzinai", le prime azioni del disco sono di distruzione di un ordine costituito che annulla la vita delle persone in favore del profitto, camuffato da turismo carino e gentile. Come un fulmine Marco Castello si è presentato spoglio ai microfoni del music business, molto incazzato, con tante persone, e anche con tante cose. Sembra il grande cantautore di sempre, raffinato nel cesellare testi in lingua ibrida - siculo-italiano - dentro strutture armoniche complesse che scivolano via con semplicità incredibile nelle orecchie. Eppure c'è qualcosa di più.

In questo lavoro stilistico sempre maniacale, in questa dolcezza dei suoni e dell'arrangiamento, c'è una voce politica all'inverosimile, che comincia il proprio disco parlando di dare fuoco ai benzinai, come inizio di una rivolta scaturita  nel cielo azzurro di una Sicilia che fa i conti con la rabbia di un gruppo più o meno organizzato di persone. Le tracce vanno via in fretta come diapositive che scorrono nel lettore, una dopo l'altra, migliaia di immagini che bisogna guardare con concentrazione per star dietro alla narrazione. Il suono è limpido, il totale dell'affresco è molto complesso.

E se la concentrazione la si raggiunge appieno sarà possibile seguire questi figuri correre sulla terra mentre rubano armi alla polizia infame, capire il giogo culturale e politico che subiamo dagli americani - il loro avamposto -, capire che ci sono quelli che prediligono il linguaggio del manganello, capire che sarebbe ora di riappropriarsi degli spazi cittadini, di smetterla di essere artisti a tutti i costi. Come nelle più grandi utopie Marco Castello racconta tutto ciò, e come per miracolo ci dimostra che la rivolta e il disagio non vanno cantati solo con le sottomarche del rap, ma che si può usare questa musica meravigliosa, che tocca le altezze angeliche per raffigurare schifi e schifezze umane di ogni lega.

Non c'è soluzione, ma una rincorsa al buio, la ricerca di un posto dove tacciano le luci del turismo. Come ogni utopia che si rispetti non manca la grande contraddizione, la bellezza sul brutto, la pretesa di tornare artigiani della vita vera mentre si fa ancora gli artisti. Ma gli artisti vanno studiati, non capiti, o meglio, non capiti fino in fondo, fino all'ultima virgola del loro testamento. 

E così sul finire di questo 2025, con alle porte un'olimpiade che devasterà l'economia di una metropoli e il paesaggio di due regioni, sarebbe ora di farsi abbagliare da questa musica troppo bella per essere così crudele, facciamoci travolgere dalla struttura di un disco che parte piano e poi accelera a metà, come la consapevolezza politica che si porta appresso. Un disco che straborda di intuizioni geniali, un disco che va studiato e non capito. Che inizia come il Marco Castello di sempre e finisce con una punta di prog, per gradire. Un disco dal rilievo poco levigato ma profondissimo, sbattuto lì sotto il sole per chi vuole prendersi la cura di sentirlo. Un disco che si intitola Quaglia Sovversiva.

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La recensione Quaglia sovversiva di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2025-12-12 10:28:00

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