Voler fare un disco sulla morte. Farlo, eliminando ogni filtro letterario e ogni orpello consolatorio, restando incollati solo a delle storie. Quello di Stefano Giaccone è un disco pesante non per noia ma per peso specifico, è un disco denso, duro, che nulla concede ad un ascolto che non sia concentrato. Non è musica da sentire con mezzo orecchio, richiede attenzione, sforzo e impegno, pena l’essere rimbalzati in malo modo. Per fare un lavoro simile bisogna avere coraggio, circondarsi di validi sodali (Airportman, Dylan Fowler, Art, Ale Malaffo, Gigi Giancursi e Tommaso Cerasuolo dei Perturbazione) e poi cercare di seguire un proprio sentiero: Giaccone centra con grande abilità ciascuno di questi bersagli, riuscendo a creare una costellazione di personaggi e vicende che si reggono in piedi con forza, ma anche per miracolo. È infatti complesso il modo in cui viene declinato questa sorta di concept: da un lato un attaccamento alla narrazione che omaggia in più punti Guccini, dall’altro uno spingersi in là in territori resi estremamente pericolosi da toni più enfatici (il recitato o i due pezzi strumentali finali). Un punto d’incontro tra (neo)realismo e accenni di melodramma che ricorda l’atmosfera di certi film di Luchino Visconti: quadri in cui non c’è presenza di pietà ma solo sottolineatura di drammi enormi ma quotidiani. È morte di fratello, bambino, madre, amico, eppure si indulge mai a retorica spicciola del dolore o ad abuso di luoghi comuni. Non un disco per tutti, né un disco da ascoltare in qualsiasi momento: la leggerezza è altrove, qui i fiori sono spezzati fin dalla copertina.
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lui è un grande artista, devo avere questo disco.
> rispondi a @envertutti coloro che da adulti per scegliere il nick si rifanno ai cartoni animati o ai film fantasy per l'infanzia vanno passati per le armi.
> rispondi a @enverSciacquati la bocca prima di citare Hoxha,stronzetto!
> rispondi a @stalker"Hoxha fu rimosso dal suo posto di insegnante in seguito alla invasione italiana del 1939 durante la Seconda Guerra Mondiale per essersi rifiutato di iscriversi al partito fascista albanese"
"Hoxha confiscò fattorie dei ricchi proprietari terrieri e le riunì in fattorie collettive cooperative che consentirono finalmente all'Albania di diventare quasi del tutto autosufficiente come produzione agricola. Egli diede inoltre impulso all'industria e portò l'elettricità alla maggior parte delle aree rurali; furono debellate le epidemie di malattie ed eliminato l'analfabetismo"
Certo, preso da Wiki,la stessa fonte che citi tu.Che parla di un criminale della comunicazione come Rommel che ipotizza 100mila morti,che poi nel 1997(sempre ha detto di loro degli U.S.A.)diventa 5000,ridicolo.Enver viene trattato con le stesso meccanismo riservato a tutti quelli che negli ultimi 100anni non sono stati disposti a dare il culo per il dio dollaro.
> rispondi a @stalkercredo tutto il mondo sappia ricavare il mio nick dalle mie iniziali. sento un frastuono comunque
> rispondi a @enver