Almamegretta Vulgus 2008 - Reggae, Electro

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La nostra italietta non sa più che farsene di gente come gli Almamegretta. E’ passato il periodo in cui si rincorreva la ricerca di quel suono, di quel beat, di quel frullato sud-del-mondo, di quel linguaggio prepotente-ma-realistico. La verità è che si cerca sempre di più la cassa e meno il rullante, la vocina minimal e sempre meno l’anima. E’ come se nelle foglie si inseguisse con lo sguardo solamente la guaina. Con gli Almamegretta invece resta un fatto di sostanza. Tempo perso diranno gli stronzetti con la puzza sotto il naso e i peli del culetto stereotipati. Sapete la realtà cos’è? Che un disco come "Vulgus" sarà pure fuori tempo, fuori moda e tutto quel fuori che vi pare, ma è un album che contiene il triplo di input socioculturali in più di quelli che il vostro pisello ha avuto in tutta la vostra vita (film porno compresi). La premessa è che il progetto ovviamente risente della mancanza di quel alone compatto di "Sanacore" o "Animamigrante". Ma i tempi scorrono ed è una corsa contro il secondo, che già a scriverlo in parola supera se stesso. "Vulgus" ospita Raiz, che nel suo ultimo progetto "Uno" ha dimostrato di aver totalmente cambiato attitudine, però qui fa ancora come quella volta. Poi altri nomi grossi tra cui Horace Andy e Julie Higgins. Ma non è un fatto di ospiti. Né di salottini sinistrosi e centrosocialismi. Prendi "Just Say Who" e fanne il pezzo da ascoltare nell’I-Pod nel tram mentre tutta la città più stronza in cui hai deciso di vivere per un po’ si sbatte e si stressa come i cani maschi in calore alla ricerca del buchino giusto. "Mò Basta" suona roots con un ottima voce, mentre "Primmavera Nova" è pinodanielosa. Gli Almamegretta si confermano anarchitetti del dub, e Adrian Sherwood lo sa. E i Massive Attack pure. Ancor di più avvalorano, nelle loro difficoltà strutturali (il distacco di Raiz, la morte di D.Rad), la tesi che d’o sud venimmo ‘o sud simmo crisciute / ce sta chi ha dato ha dato e chi nunn’ha maje avuto. E nessuna empatia per chi si costringe a vendere il culo nella vita. Fatevi l’idea che c’è ancora gente che non si deprime alla ricerca disperata di un grosso aggancio per poter baciar le palle ai potenti direttori della peluria pubica Pop. E’ vero anche però che Napul nun sona chiù comme ‘na vota. E’ cambiato tutto. Questo disco non piace a nessuno. Non va da nessuna parte. Si è sterilizzato l’animo generale. Napoli è un condensato di luoghi comuni per i massmedia-addicted. Non è proprio progresso. Non so come lo chiameranno i sociologi della musica tra dieci anni. So che un certo flanger sulle diverse parti di una stessa strumentale significa sfamarsi di sane dicerie spontanee. Dite in giro che il nuovo suono degli Alma è: gomorrap. Credere a quello che si vede. Reazioni fuoritempo in un sistema di trabocchetti sparatutto. Gente che songhe sule chelle che song, mentre si bombarda altrove. Sparare non rende vivi, questo è certo. Ma molti si convincono che è parte del processo evolutivo. E sparano, senza quei fantomatici fiori nei cannoni. Sparare. Che tanto avete capito che videogioco era Vulgus, no?

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La recensione Vulgus di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-05-05 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • utente17280 16 anni fa Rispondi

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