Metal Carter Vendetta privata 2008 - Rap

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Parlare di Metal Carter non è per niente facile. Puoi cadere in un’orgiastica assuefazione trucida e succulenta, una voglia (dis)umana di violenza e nevrosi intestinali, o puoi prendere tutto con calma, respirare un po’ e capire di essere davanti un caso patologico della nostra cultura che merita attenzione.

“Vendetta Privata” arriva dopo due album personali (e relativa attività nei Truceboys e Truceklan). Diciassette tracce che sono un grido corale di disagio profondo, una catarsi curativa che se non cura infetta ancora di più il pulcino che malauguratamente si mette all’ascolto. Diciassette tracce, semplicemente, di Metal Carter, puramente sue, caste, nobili, eretiche e blasfeme quanto divine e gonfie di devozione. Devozione a chi? A questo santo eterno Niente. Diciassette pezzi che salgono come succhi gastrici, fastidiosi, spigolosi. Perfetti.

La coerenza è il secondo nome di questo rapper romano bistrattato/amato. Prende schiaffi e spunti, come prende lodi e onori. Fondamentalmente a lui non glie ne fotte un cazzo. Il bambino cattivo ai concerti (quando li fa) nemmeno guarda in faccia il pubblico (e se alza lo sguardo lo fa solo per guardare sul fondo, guardare oltre); chino a testa bassa canta, profeta della sua merda si diverte così, a sfogliare la sua cartella clinica, a mettere in rima la sua spicciola filosofia di uomo disgraziato.

L’album scorre in modo potente, un senso di nausea e disgusto che dura compatto per 50 minuti senza abbandonarti un attimo: la nausea e il disgusto si prendono cura di te.

Il distacco dai due dischi precedenti è relativo, perché semplicemente è un album figlio diretto delle loro esperienze: stessi bisturi, stesso tavolo d’autopsia. Le tematiche si ripetono ancora una volta in modo asfissiante e claustrofobico: morte, vita, carne, sangue, malinconia, paure e amore guasto. Non c’è nulla di positivo, nulla. Neanche una cazzo di consolazione. Nulla. E chi si salva?! Un racconto doloroso, rabbioso, che gronda saliva ma ha gli occhi sempre maledettamente lucidi e stanchi.

L’unica sostanziale differenza dagli altri lavori sta nel nuovo impatto musicale. Le basi sembrano assai più pompate, molto più rap, molto più metallare. Ritmi più aggressivi e taglienti, partiture di acciaio forti e dirette su cui le parole del Sergente si cementano in modo naturale. Maggiore attenzione ai suoni, una scelta accurata dell’impianto sonoro, una vivisezione perfetta che raggiunge apici per potenza quando a mettere le mani sulle basi è Santo Trafficante, clamoroso maestro nel mestiere. Feat ridotti all’osso: Truceboys e lo stesso Santino, storico amico e collaboratore del rapper.

“Vendetta Privata” è un altro tassello fondamentale per questa controcultura romana/nazionale che cresce. Il 2008 è un anno importante per il nostro rap. Eccellenti prodotti sono già stati partoriti (“Ministero dell’inferno”), altri a breve scadenza rinvigoriranno la lista di questa strana decadenza dei giorni nostri. Metal Carter non poteva certo mancare, perché semplicemente metà di questa scena gira intorno a lui, messia che parla crudo e parla male, che è poetico e tragicamente vero.

Bello così, quando tutto suona hardcore, tutto brutale, tutto splendidamente italiano.

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La recensione Vendetta privata di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2008-06-25 00:00:00

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